Il metodo Stamina: cos’è, come funziona e a chi serve
Usa le cellule staminali per trattare malattie altrimenti incurabili, ma si sa ancora molto poco sul suo funzionamento, sui rischi e sull'efficacia. A luglio, però, partirà la sperimentazione ufficiale
Ormai se ne sente parlare da tempo: il metodo Stamina ha infiammato le cronache a colpi di ispezioni, ricorsi, manifestazioni e discussioni dentro e fuori dal Parlamento. Ora una legge ne consente la sperimentazione, che dovrà essere condotta utilizzando “cellule staminali mesenchimali, lavorati in laboratori di strutture pubbliche e secondo procedure idonee alla lavorazione e alla conservazione di cellule e tessuti” e “sotto la responsabilità del medico prescrittore”. Coordinata dall’Istitituto Superiore di Sanità, la sperimentazione coinvolgerà, oltre al Centro nazionale trapianti, anche l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), come quella di nuovi farmaci.
Ma in cosa consiste, esattamente, il metodo Stamina? E quali malattie cura?
Come funziona e quanto è sicuro
Il metodo Stamina si basa sulla somministrazione di cellule staminali mesenchimali ottenute a partire dalle cellule prelevate dal midollo osseo di un donatore.
A metterla a punto sono stati i ricercatori della Stamina Foundation, onlus torinese fondata nel 2009 da Davide Vannoni, docente di psicologia dell’Università di Udine. Dopo aver provato l’uso delle cellule staminali nel 2004 in Russia, Vannoni ha invitato i biologi Vyacheslav Klimenko e Olena Shchegelska a collaborare con la sua fondazione per sviluppare il metodo che, prima di approdare agli Spedali Civili di Brescia, è stato messo a punto in un laboratorio nella Repubblica di San Marino e in un laboratorio a Trieste.
Poco si sa riguardo i meccanismi di funzionamento della terapia. Anche sulla sua efficacia sono state gettate delle ombre. Se, infatti, da un lato le cronache dell’ultimo ci hanno abituati a vedere i piccoli, ma, a detta di familiari e medici, significativi effetti che la trasfusione delle cellule staminali secondo il metodo Stamina ha su bambini affetti da gravi malattie, dall’altro Vannoni ha avuto a che fare con diverse inchieste giudiziarie che hanno in qualche modo spostato l’attenzione dai laboratori alle aule dei tribunali.
La più celebre è, probabilmente, quella che ha visto l’Aifa disporre l’interruzione delle cure somministrate agli Spedali Civili di Brescia in seguito ai sopralluoghi dei NAS dei Carabinieri e di alcuni ispettori della stessa Agenzia del farmaco, secondo cui il laboratorio in cui venivano prodotte le staminali era
assolutamente inadeguato sia dal punto di vista strutturale sia per le cattive condizioni di manutenzione e pulizia
e non in grado di garantire
la protezione del prodotto da contaminazioni ambientali.
Per quanto riguarda le sperimentazioni condotte fino ad oggi, in realtà l’unico studio pubblicato, condotto su 5 bambini affetti da atrofia muscolare spinale di tipo 1, ha portato i ricercatori a concludere che questa terapia non ha prodotto
alcun cambiamento nel decorso della malattia.
Secondo Vannoni non solo le cellule utilizzate in questo studio non sarebbero quelle corrette e, quindi, questi risultati non comprometterebbero il futuro del metodo Stamina, ma le autorità sanitarie avrebbero anche fra le mani tutta la documentazione necessaria per valutare correttamente il caso, che non sarebbe stata presa adeguatamente in considerazione.
Cure compassionevoli
Il blocco imposto dall’Aifa non ha, però, fermato il metodo Stamina. I familiari di diversi pazienti, perlopiù bambini, che si sono visti bloccare le terapie cui si stavano sottoponendo agli Spedali Civili di Brescia hanno presentato ricorso ai giudici dei Tribunali del Lavoro per poter proseguire la terapia in quanto cura compassionevole. Una legge del 2003 consente, infatti, di utilizzare terapie non ancora ufficiale per trattare patologie altrimenti incurabili.
La maggior parte dei ricorsi ha trovato accoglimento, ma anche in questa situazione il metodo Stamina non era in regola per la legislazione italiana. Infatti le terapie non ancora certificate che possono essere somministrate come cura compassionevole devono comunque essere in una fase avanzata di sperimentazione. Non è questo il caso del metodo utilizzato a Brescia. Per questo nello scorso mese di marzo l’allora Ministro della Salute Renato Balduzzi ha emanato un decreto urgente per concedere la prosecuzione del trattamento ai pazienti già in terapia.
Il decreto ha sollevato una discussione internazionale in cui gli esperti hanno criticato aspramente ciò che stava succedendo in Italia. Anche il premio Nobel Shinya Yamanaka, presidente della Società Internazionale per la Ricerca sulle Cellule Staminali, ha dichiarato le sue preoccupazioni, sottolineando che
non è chiaramente affermato nella letteratura scientifica che le cellule staminali mesenchimali abbiano alcuna efficacia nel migliorare le conduzioni neurologiche.
Ciononostante, i sostenitori del metodo Stamina hanno continuato a chiedere che la terapia fosse messa a disposizione anche dei pazienti affetti da malattie incurabili che non hanno ancora iniziato il trattamento.
Lo scorso 15 maggio, la commissione Affari sociali ha fondamentalmente accolto le loro richieste approvando all’unanimità l’emendamento al decreto Balduzzi che apre alla sperimentazione. Dopo il vaglio della Camera, l’approvazione del Senato ha reso definitivamente legge l’emendamento, consentendo l’avvio di una sperimentazione di 18 mesi a partire dall’1 luglio 2013.
A chi serve il metodo Stamina?
Attualmente i pazienti che erano già in cura con il metodo Stamina e che potranno continuare a ricevere le cure sono più di 30. In molti casi si tratta di bambini affetti da patologie che compromettono il funzionamento del sistema nervoso o dell’apparato muscolare, come la leucodistrofia metacromatica e l’atrofia muscolare spinale, ma la terapia è già stata utilizzata anche per trattare Parkinson e Alzheimer.
Secondo Vannoni
la sperimentazione, così come è stata definita dalla legge, sarà possibile solo su un centinaio di pazienti.
Ciò che è certo è che il Fondo sanitario nazionale finanzierà lo studio fino a 1 milione di euro per il 2013 e 2 milioni di euro per il 2014.
L’emendamento prevede anche l’istituzione di
un Osservatorio sulle terapie avanzate con cellule staminali mesenchimali presieduto dal ministro o da un suo delegato e composto da esperti e da rappresentanti di associazioni interessate
presso il Ministero della Salute.