Invecchiamento, le trasfusioni nascondono il segreto per ringiovanire?
Tre diversi studi puntano sul sangue degli individui giovani come scrigno dell'elisir di lunga vita. Ma è davvero il caso di pensare di sottoporre gli anziani a trasfusioni?
Di notizie che annunciano la scoperta dell’elisir di lunga vita sono piene le pagine di internet, e non solo. La più recente fra tutte è però davvero curiosa: tre studi, pubblicati su riviste scientifiche di spessore quali sono Nature Medicine e Science, hanno svelato che, almeno dei topi, il segreto per ringiovanire potrebbe essere nascosto in semplici trasfusioni di sangue prelevato da individui di giovane età. Fattori non del tutto noti nascosti nel sangue “giovane” permettono infatti ai topi anziani di recuperare le capacità mnemoniche, la forza muscolare, la resistenza e l’olfatto persi a causa del naturale processo di invecchiamento.
Uno di questi fattori sarebbe già stato individuato: si tratta di GDF11, una proteina già nota per la sua capacità di contrastare la dilatazione del cuore associata allo scompenso cardiaco. Tuttavia, gli scienziati non escludono che potrebbero entrare in gioco altre molecole che, una volta individuate, potrebbe costituire insieme a GDF11 la base su cui lavorare alla messa a punto di farmaci dall’effetto ringiovanente.
I dettagli degli studi
I tre studi hanno previsto esperimenti di vario tipo. Nel primo, già consultabile sulle pagine online di Nature Medicine, un gruppo di ricercatori dell’Università della California di San Francisco e di quella di Stanford ha effettuato le trasfusioni creando una connessione diretta a livello addominale fra il sistema circolatorio di un topo anziano con quello di un topo giovane. E’ stato così scoperto che con lo scorrere del tempo lo scambio di sangue porta all’aumento delle connessioni cerebrali nei topi anziani. Non solo, in questi animali è stato osservato anche un incremento della produzione delle proteine che consentono al cervello di riorganizzarsi in seguito all’acquisizione di nuove informazioni.
Nell’ambito dello stesso studio sono stati condotti anche altri esperimenti in cui ai topi anziani è stato iniettato solo il plasma dei topi più giovani. Questo trattamento ha permesso di migliorare la memoria degli animali.
I due studi pubblicati su Science si sono invece concentrati su GDF11 e sono stati condotti all’Università di Harvard. In particolare, il primo ha dimostrato che iniettando nei topi anziani questa proteina, presente nel sangue degli animali giovani, si induce la riparazione del Dna delle cellule staminali dei muscoli, ma non solo. I ricercatori hanno scoperto che questo trattamento ringiovanisce fibre muscolari e mitocondri, aumenta la forza dei muscoli e incrementa la resistenza dei topi nella corsa.
Ma GDF11 ha effetti ringiovanenti anche sul cervello. In particolare, l’ultimo dei tre studi – che ha previsto la trasfusione di GDF11 collegando il sistema circolatorio di un topo giovane a quello di un topo anziano in modo analogo a quanto fatto nello studio pubblicato su Nature Medicine – ha dimostrato che le trasfusioni di sangue “giovane” migliorano il flusso di sangue in tutto il cervello. I ricercatori si sono però concentrati sulla zona subventricolare, area coinvolta nella percezione degli odori, dimostrando che l’aumento del flusso di sangue è associato alla produzione di nuovi neuroni, alla loro migrazione nei bulbi olfattivi – strutture localizzate al di sopra e posteriormente alle cavità nasali – e al miglioramento dell’olfatto dei topi anziani.
Le prospettive future
Secondo Bradley Wise, direttore della Neurobiology of Aging Branch at the National Institute on Aging, tutto ciò non significa che sia il caso di raccomandare trasfusioni di sangue prelevato dai giovani agli anziani che hanno a che fare con il declino fisico e cognitivo associato all’invecchiamento. Tuttavia, il fatto che GDF11 sia presente anche nell’uomo rende ottimisti sulla possibile applicazione della scoperta in ambito umano. Non a caso i ricercatori di Harvard intendono proseguire le loro ricerche concentrandosi su GDF11 per capire se esistono anche altri fattori coinvolti nell’effetto ringiovanente osservato.
Da parte sua, Wise ritiene probabile che i trattamenti che potrebbero essere messi a punto partendo da queste scoperte potrebbero basarsi su fattori come GDF11 o su loro analoghi.
La grande domanda
aggiunge però l’esperto
è: Quali sono questi fattori?
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Via | National Geographic