
La ricerca scientifica ha evidenziato come la violenza possa avere un impatto duraturo sulla salute, influenzando il genoma delle vittime per un periodo che può estendersi fino a 20 anni. Le nuove evidenze suggeriscono che le conseguenze di tali esperienze traumatiche non si limitano a effetti immediati, ma possono manifestarsi anche a lungo termine.
Il progetto di supporto alle donne
Simona Gaudi, coordinatrice del progetto EPI_WE e ricercatrice presso il Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità , ha presentato un questionario pensato per supportare le donne vittime di violenza. Questo strumento è stato sviluppato nell’ambito del progetto “Epigenetica per le donne” (Epigenetics for WomEn, EpiWE), promosso dall’ISS in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e la Fondazione Cà Granda dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Gaudi ha sottolineato l’importanza di fornire evidenze molecolari a sostegno dei dati già raccolti, affermando che, attraverso l’analisi dell’epigenoma nel tempo, sarà possibile identificare donne a maggior rischio di sviluppare patologie come il tumore ovarico, malattie cardiovascolari o malattie autoimmuni.
Risultati dello studio pilota
Nel 2023, uno studio pilota aveva già mostrato come la violenza possa modificare l’espressione dei geni nelle donne che l’hanno subita, senza alterarne la struttura. Questi risultati iniziali, ottenuti analizzando un campione di dieci geni, hanno rappresentato il punto di partenza per il nuovo studio multicentrico, avviato grazie a un accordo tra il Ministero della Salute, il Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) e l’ISS.
Coinvolgimento delle regioni italiane
Il progetto prevede il coinvolgimento di sette unità operative in cinque regioni italiane: Lazio, Lombardia, Campania, Puglia e Liguria. Attraverso la rete della medicina territoriale, comprese strutture come ambulatori, pronto soccorsi e case antiviolenza, le donne vittime di violenza relazionale o sessuale saranno informate sulla possibilità di donare un campione biologico. Questo campione sarà utilizzato per monitorare eventuali variazioni epigenomiche nel tempo.
Raccolta dei dati e obiettivi del progetto
I prelievi di sangue, che avverranno ogni sei mesi, saranno aperti anche a operatrici sanitarie e donne che non hanno subito violenza. Per la raccolta dei dati, è stata sviluppata una scheda informatica contenente quattro domande di contesto, cinque per valutare il rischio di recidiva violenta e diciotto per identificare possibili sintomi di sindrome da stress post-traumatico. L’obiettivo, come affermato da Gaudi, è quello di “rompere il silenzio e trasformare la narrazione della violenza in dati scientifici, al fine di realizzare nuovi protocolli di prevenzione di precisione“.