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La Francia vieta i certificati di verginità: ma questo tutela le donne?

In Francia è polemica sulla decisione del governo di abolire i certificati di verginità e sanzionare i medici che li rilasciano

La Francia vieta i certificati di verginità: ma questo tutela le donne?

Bufera in Francia dopo la decisione del governo di vietare l’emissione dei certificati di verginità, sanzionando i medici che li rilasciano. Ma quella che è nata come una proposta per dire addio ad una pratica che puzza di consuetudini vecchie, sessiste e legate a principi religiosi ormai superati, è diventata nel giro di poco un casus belli, che ha diviso la comunità scientifica in favorevoli e contrari.

Tutto ha inizio il 7 settembre scorso, quando Gerald Darmanin, Ministro dell’Interno francese, ammette pubblicamente l’intenzione di vietare formalmente i certificati di verginità. La proposta fa eco ad un parere del Consiglio dell’Ordine dei Medici del 2003, segno che la questione è dibattuta per vie ufficiali da quasi 20 anni.

Tuttavia, sempre dal mondo medico arriva il suono di un’altra campana, quella dei professionisti che hanno una visione un po’ diversa della questione. Se infatti tutti concordano sul fatto che tale documento faccia fare un salto indietro nel tempo a quando i dettami religiosi e le regole non scritte della società patriarcale, volevano la donna pura e casta prima del matrimonio, per alcuni i certificati di verginità restano una grande tutela per le stesse donne.

Ma spieghiamo un pochino meglio la questione. Il certificato di verginità, in parole povere, è un documento che attesta letteralmente quello che dice, ossia che la ragazza che è stata sottoposta ad apposito esame ginecologico ha ancora l’imene intatto, quindi non ha avuto rapporti sessuali ed è da considerarsi vergine a tutti gli effetti.

La domanda di tale certificato è fortunatamente molto rara ai giorni nostri, ma viene comunque avanzata dalle famiglie di donne appartenenti ad alcune religioni. Quelle più conservatrici ovviamente, che fanno richiesta del documento al medico, affinché la figlia risulti ufficialmente illibata e quindi possa contrarre matrimonio senza onta o vergogna.

Inutile dire che non esiste né onta né tantomeno vergogna nello scegliere di avere rapporti intimi prima del matrimonio, perché ogni donna, al pari dell’uomo, deve poter decidere cosa fare del proprio corpo. Ed è proprio a questo principio di libertà che si appellano Darmain e tutti coloro che vorrebbero far sparire i certificati di verginità dalla Francia moderna e antisessista.

Dall’altra parte c’è una schiera di soggetti altrettanto illuminati, che insiste sulla possibilità di lasciare intatta questa pratica, sì vetusta e sì avvilente, ma anche tutelante nei confronti delle donne, perché permette loro di evitare molestie e ripercussioni da parte di chi, in barba alla libertè ed egalitè, si erge a moralizzatore con licenza di uccidere.

Su Liberation è spuntato quindi un accorato appello da parte di questa categoria di medici per mantenere viva e legale la possibilità di rilasciare i certificati di verginità a chi ne faccia richiesta. Posto che è il medico stesso ad avere il potere di rifiutarsi di emetterlo, qualora reputasse che non sussistano le condizioni per farlo.

In più la legge francese già punisce con un anno di reclusione e una multa di 15mila euro i professionisti del settore, colpevoli di rilasciare certificati per convenienza, con anche un raddoppio di pena se viene accertato che il soggetto ha ricevuto qualcosa in cambio. Quindi sì, di tutele legali per evitare che qualche medico approfitti della sua posizione, già ne esistono.

Quello che manca? Cultura, educazione e istruzione, che sul piatto della bilancia pesano sempre di più di una legge e di una sanzione. Con le ultime identifichi l’entità di un misfatto e lo punisci, mentre con le prime aiuti le menti e la società ad evolversi ed abbandonare in modo naturale tutti i retaggi di un passato chiuso e bigotto, di cui non c’è proprio alcunché di andare orgogliosi. Tout court.

Foto | iStock

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