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La psicologia delle Fake news: ecco perché tante persone cadono nella rete

La psicologia delle Fake news: ecco perché tante persone cadono nella rete e cosa fare per scoraggiare la diffusione di notizie false

La psicologia delle Fake news: ecco perché tante persone cadono nella rete

Il fenomeno delle fake news riguarda purtroppo il mondo intero. A causa delle false notizie che circolano sul web, un’emergenza sanitaria come quella rappresentata dalla pandemia di Covid è diventata ancor più complicata da gestire. Fake news sui vaccini, sulle malattie, sui ricoveri in ospedale e sulla stessa esistenza del Sars-Cov-2 hanno creato disordini, sommosse e confusione, aggravando così una situazione già molto complessa e difficile da fronteggiare.

Purtroppo a cadere nella rete delle “notizie false” sono molte persone, anche le più insospettabili. Ma come funziona esattamente il meccanismo delle fake news? Ad analizzare la psicologia che si nasconde dietro la proliferazione di tante notizie fuorvianti sono stati i membri dell’Università del Kansas, autori di uno studio che potrebbe rappresentare una risorsa efficace per combattere il dilagante fenomeno delle notizie false in rete.

Gli autori del lavoro spiegano che a giocare un ruolo cruciale sono le grandi aziende tecnologiche, che hanno la responsabilità di aiutare a prevenire la diffusione di informazioni pericolose e non veritiere.

Psicologia delle Fake news: come scoraggiare questo fenomeno?

Per il loro lavoro, gli autori hanno condiviso una fake news con più di 750 partecipanti. La notizia riguardava la vitamina B17, la cui carenza – secondo un presunto studio – potrebbe causare il cancro. Gli esperti hanno sottoposto diversi tipi di articoli all’attenzione dei partecipanti, in modo da misurare il livello di fiducia suscitato dai differenti stili di scrittura.

In alcuni casi, lo studio era accompagnato dalle credenziali del suo autore. In altri casi l’articolo era scritto con un linguaggio molto leggero, mentre in un caso era accompagnato da un’etichetta che lo classificava come “non verificato”.

Quale articolo avrà suscitato maggiore diffidenza e scetticismo? I risultati parlano chiaro, e rivelano che le credenziali dell’autore e il modo in cui la ricerca veniva esposta non suscitavano differenze significative in merito alla percezione della credibilità del testo. A giocare un ruolo importante sembra essere invece la segnalazione che classificava l’articolo come “non verificato”. Questa “etichetta” rappresentava un campanello d’allarme che spingeva i lettori a non credere ciecamente a tutto ciò che leggevano.

Alla luce di ciò, gli autori invitano le grandi aziende tecnologiche (le piattaforme dei social media in primis) a verificare sempre le informazioni o etichettare i contenuti non verificati. Così facendo, il lettore verrà messo in guardia, e solo così potremo creare un ambiente di informazione più sano.

via | ScienceDaily
Foto di MarieXMartin da Pixabay

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