La resilienza potrebbe avere origini neurobiologiche
La resilienza è scritta nel cervello? Ecco cosa emerge da un nuovo studio.
La resilienza ha origini neurobiologiche? A cercare di rispondere a questa domanda sono i membri della Northwestern University, i quali si sono chiesti come mai la violenza nel vicinato fosse associata a effetti avversi sulla salute (tra cui la perdita di sonno, asma e sindrome metabolica) di alcuni giovani, e non su quella di altri.
Come è emerso da studi precedenti, abbiamo scoperto che i giovani che vivono in quartieri con alti livelli di violenza hanno una salute cardiometabolica peggiore rispetto ai coetanei che vivono in comunità più sicure
spiegano gli esperti, i quali hanno preso in esame un campione di 218 studenti di terza media dell’area di Chicago con fattori legati alla salute metabolica, tra cui obesità e insulino-resistenza, ed hanno valutato i “fattori di vicinato”, ovvero i tassi di omicidio e di violenza. Gli esperti hanno anche eseguito delle risonanze magnetiche (fMRI) del cervello dei partecipanti allo studio.
Coerentemente con le previsioni, la connettività dello stato di riposo all’interno della rete esecutiva centrale del cervello è risultata un moderatore dell’adattamento. Attraverso sei risultati distinti, è emerso che un più alto tasso di omicidi nel vicinato era associato a un maggior rischio cardiometabolico, ma questa relazione era evidente solo tra alcuni giovani. Nessuna correlazione era infatti evidente nei giovani che mostravano un’alta connettività funzionale nello stato di riposo nella stessa rete cerebrale.
Secondo i ricercatori, i risultati suggeriscono dunque un ruolo per la rete esecutiva centrale in termini di adattabilità e resilienza agli eventi avversi.
via | Eurekalert