Legge 194 e obiezione di coscienza, la legge sull’aborto in Italia cosa dice
Legge 194 e obiezione di coscienza, cosa dice la legge italiana in merito a una tematica delicata come l'aborto.
Legge 194 e obiezione di coscienza, cosa dice la legge italiana sull’aborto? Da 40 anni nel nostro paese è stata ufficializzata una normativa che regola le modalità di accesso all’interruzione volontaria di gravidanza. Secondo alcuni esperti, inoltre, è una delle leggi migliori al mondo per quello che riguarda la tutela del diritto delle donne ad abortire, anche se c’è una piccola limitazione rappresentata dall’obiezione di coscienza.
L’obiezione di coscienza è il diritto che spetta ai medici e operatori sanitari che, di fronte alla richiesta di una donna di abortire, di rifiutarsi di fare il proprio dovere, perché contrario alle proprie convinzioni. In Italia per la prima volta è stato introdotto dalla legge 15 dicembre 1972, n. 772, in riferimento al’obiezione contro il servizio militare di leva per motivi religiosi, filosofici e morali. Ben presto è stato introdotto anche in altri ambiti, come nella sperimentazione animale e in caso di aborto.
Ma cosa dice la legge italiana in merito alla legge 194 e all’obiezione di coscienza?
Legge 194 e obiezione di coscienza
L’obiezione di coscienza sull’interruzione volontaria di gravidanza segue le regole contenute nell’articolo 9 della legge 194 del 1978, partendo dalla legge 772 del 1972 sul diritto di obiezione di coscienza per ogni cittadino. L’obiezine di coscienza da parte di medici e personale sanitario in riferimento all’aborto fa solo riferimento all’articolo dedicato nella legge 194. Ecco cosa dice:
Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione.
Tale dichiarazione
deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni.
Il medico obiettore può anche cambiare idea. L’articolo sottolinea che
l’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento.
Ma anche che
Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8 (modalità con cui eseguire l’aborto) la Regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale.
L’obiezione di coscienza non può essere invocata se diventa indispensabile per salvare la vita della donna.
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Via Adnkronos