Malasanità, dietro allo spot “Obiettivo risarcimento” tutti i rischi della medicina difensiva
L'assistenza gratuita per chi ritiene di essere vittima di un sistema sanitario malfunzionante torna sul piccolo schermo, ma medici e sindacati avvertono: il rischio è l'aumento dei costi per i cittadini
Medici e sindacati non ci stanno: lo spot “Obiettivo risarcimento”, ricomparso sulle reti televisive in occasione delle festività natalizie, nasconde gravi pericoli e ricadute sulla collettività. A riportare l’attenzione sull’argomento, a pochi giorni dalle manifestazioni di disappunto di Massimo Cozza, segretario nazionale Fp-Cgil Medici, sono sia il Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani (Snami), sia l’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani (Acoi).
I Cittadini hanno da sempre il sacrosanto diritto di farsi tutelare dalla legge se ritengono di aver subito un danno a causa di un trattamento sanitario non conforme e di aver quindi vissuto un episodio di malasanità
precisa Angelo Testa, presidente nazionale Snami, aggiungendo:
Da qui a sparare, soprattutto in questo periodo di sofferenza economica delle famiglie, messaggi di “facile” soluzione e guadagni economici dietro l’angolo, ce ne passa. Anche perché nessuno dice ai pazienti che il 95% dei contenziosi in campo sanitario si risolve con un nulla di fatto a testimonianza che c’è un esubero di ricorsi che certo tipo di pubblicità strumentale e mal proposta farà sicuramente aumentare.
Le possibili ripercussioni negative non finiscono però qui. Come ipotizza Giuseppe Biondo, presidente regionale di Snami Sicilia
un’altra probabile conseguenza della campagna pubblicitaria che instilla nei Cittadini il dubbio di aver subito un torto per “malasanità” e li induce ad intraprendere procedimenti legali definiti “gratuiti” sarà l’aumento a dismisura delle spese per accertamenti ed esami supplementari che, pur non strettamente necessari da un punto di vista puramente clinico, lo diventano da un punto di vista Medico-Legale incrementando la cosiddetta “medicina difensiva” che già costa al nostro paese 13 miliardi di euro, ben il 10% della spesa sanitaria globale, e che sarà destinata inevitabilmente a crescere ulteriormente. Ciò porterà ad un aumento dei ticket con ulteriore aggravio di costi per i pazienti che avranno più difficoltà ad accedere alle cure.
“Soddisfatti o rimborsati” è uno slogan ottimo per le attività commerciali, non certo per la professione medica e per quella chirurgica in particolare
commenta invece Luigi Presenti, presidente Acoi.
La parte assolutamente schizofrenica ed inaccettabile di questo ragionamento perverso è che il rimborso non è a carico dello Stato, ma è a carico dei suoi operatori, cioè medici ed infermieri, i quali, peraltro, sono solo attori passivi del sistema, non intervenendo sulle scelte aziendali strategiche riguardanti qualità e sicurezza in corsia e in sala operatoria.
I chirurghi in particolare, i medici e tutti i professionisti del sistema sanitario nazionale lavorano costantemente con una spada di Damocle che pende sulle loro teste. Ciò si ripercuote sulla qualità del servizio: un professionista che viene inquisito per le modalità di intervento e si deve auto-tutelare, non può in molti casi lavorare con serenità, perché non ha garanzie e sicurezza.
Un margine di rischio è fisiologicamente insito nell’attività chirurgica e dovrebbe essere preso in carico dal Ssn per limitare al massimo il ricorso alla medicina difensiva, nell’interesse soprattutto dei pazienti.
A tal proposito, secondo Testa
la politica deve fare una scelta coraggiosa ed intervenire sulla responsabilità professionale perché siano codificate norme certe e corrette a tutela di medici, pazienti e collettività.
Voi cosa ne pensate?
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