Matteo Salvini contro gli immigrati: “Campeggiano al Pronto Soccorso”. Poi parla di aborto
A Roma si scaldano gli animi per il post Virginia Raggi e Matteo Salvini, all'urlo di "Roma torna Capitale" spara a zero sul chaos del sistema sanitario italiano
Non c’è pace fra i colli di Roma e il motivo è che la campagna elettorale in vista delle prossime Comunali 2020 è in pieno vigore. E proprio dalla Capitale echeggiano parole di un certo peso, proferite dal leader della Lega Matteo Salvini, dal Palazzo dei Congressi dell’EUR. Protagonisti delle invettive salviniane, manco a dirlo, gli immigrati, stavolta colpevoli di rendere più caotico il servizio sanitario nazionale.
Ma andiamo con ordine. Cosa ha detto di preciso Matteo Salvini dal palco, in seno alla manifestazione leghista “Roma torna Capitale”? Il discorso è sempre lo stesso. Loro, gli immigrati, che vivrebbero sulle spalle degli italiani e sempre loro, a questo giro, che sarebbero anche colpevoli di intasamenti in Pronto Soccorso, rendendo meno agevole ed efficace il sistema:
[quote layout=”big” cite=”Matteo Salvini]Qua bisogna essere seri, qualcuno ha preso il Pronto Soccorso come il bancomat sanitario per farsi gli affari suoi senza pagare una lira ed è ora di smetterla che ci siano migliaia di cittadini non italiani che campeggiano in Pronto Soccorso. Che hanno preso il Pronto Soccorso come l’anticamera di casa loro. Non è possibile perché non pagano una lira. Alla terza volta che ti presenti, paghi[/quote]
Ma non finisce qui. Perché il leader leghista ha avuto qualcosa da dire anche e soprattutto nei confronti delle immigrate donne, giudicate addirittura incivili nei loro stili di vita:
[quote layout=”big” cite=”Matteo Salvini]Mi hanno segnalato delle infermiere e delle dottoresse di Pronto Soccorso che alcune donne né di Roma né di Milano si sono presentate per la sesta volta per una interruzione di gravidanza. Ora io non entro nel merito di scelte che competono solo alla donna. Non è compito mio né dello Stato dare lezioni di morale o di etica a chiunque, ed è giusto che sia la donna a scegliere per sé stessa e per la sua vita, però non puoi arrivare a prendere il Pronto Soccorso come una soluzione ad uno stile di vita evidentemente incivile per il 2020[/quote]
E qui, a questo punto, urge fare qualche precisazione. La prima, la serietà del sentito dire e la sua interpretazione. “Mi è giunta voce” ha già il sapore di qualcosa di poco serio, a maggior ragione se la chiacchiera di corridoio, per sua natura difficilmente riscontrabile, diventa un discorso politico. Anzi, polemico al fine politico.
Ma su queste pagine si parla di benessere e scienza, non di sesso degli angeli e soprattutto non di comizi. Quindi, puntualizziamo su ciò che ci compete, la salute. A differenza di quanto sostenuto da Salvini, probabilmente per una comprensione stonata di quanto pare gli sia stato riferito dalle zelanti operatrici di Pronto Soccorso, in tale sede non si praticano aborti.
O meglio, il PS può agire in caso di gravi condizioni della gestante, nel momento in cui sia a rischio la sua vita quando si presenta nella struttura. Ma se non vi è pericolo imminente, il viaggio verso il Pronto Soccorso al fine di interrompere una gravidanza è praticamente inutile.
I luoghi preposti sono infatti diversi. Ospedali pubblici, cliniche private, poliambulatori pubblici, privati o convenzionati. Le informazioni per tutto ciò che riguarda maternità ed eventuale interruzione di gravidanza sono invece disponibili presso i Consultori Familiari, istituiti con la Legge 405 del 1975, dove si può contare sulla presenza di personale medico specializzato in psicologia, ostetricia e ginecologia.
Per la cosiddetta pillola abortiva, la RU486, ancora una volta non ci si deve recare in Pronto Soccorso, ma presso una struttura ospedaliera. Semmai in Pronto Soccorso può capitare di recarcisi nel malaugurato caso che, dopo l’assunzione, ci siano perdite ematiche di una certa importanza ed effetti collaterali inattesi. Motivo per cui la RU486 si prende normalmente sotto stretto controllo medico e talvolta anche in regime di ricovero di tre giorni.
Ora, l’ignoranza è una brutta bestia, ma non è colpevole. Quindi sì, ci può stare che qualche donna decida di recarsi in Pronto Soccorso per richiedere un’interruzione di gravidanza, non sapendo dove altro andare. Ma poi c’è da vedere, nei grandi numeri (ammesso che poi siano così grandi), quante di queste siano straniere e quante italiane. Perché sempre l’ignoranza di cui parlavamo prima, non ha manco bandiera.
Secondo punto. Il traffico umano nei Pronto Soccorso. Diamo per buona la lettura che, anche in questo caso, la percentuale di non italiani sia maggiore dei nati in Italia. Ma che senso ha fare la conta? Se c’è davvero un affollamento nei centri di primo soccorso, sembra abbastanza evidente che il problema sia di natura sanitaria e non sociale.
I lunghi tempi di attesa, il livello di esperienza non sempre al top dei medici del Pronto Soccorso (sì, non indigniamoci, perché tutti ci siamo fatti in segno della croce almeno una volta nella vita, con una gamba rotta, sperando che non ci toccasse il giovane dottore messo al triage allo sbaraglio), il valzer dei codici e compagnia bella, non sono problemi di oggi. E non sono problemi nati con l’accoglienza territoriale.
La legge dei grandi numeri, perché a dispetto del calo delle nascite, siamo comunque tantissimi, vuole che necessariamente esistano dei malati in mezzo a soggetti sani. Le condizioni di vita precarie di alcune fasce della società di sicuro fanno ampliare la prima categoria. Quindi, a ben guardare, forse c’è da prevedere un’implementazione dei servizi per il primo soccorso, invece che lamentarsi della quantità di non sani.
In più, se il problema sono i soldi “hanno preso il Pronto Soccorso come l’anticamera di casa loro. Non è possibile perché non pagano una lira”, lo rammenta Salvini che il pagamento del ticket è obbligatorio per i codici bianchi e in alcune regioni anche per i verdi senza ricovero? Senza contare che il costo sale in caso di visite specialistiche. Di cosa ci stiamo lamentando quindi, per gli ipocondriaci paganti o per i malati veri che usufruiscono del servizio sanitario nazionale?
E il fatto che siano immigrati, a noi importa davvero? Se vivono e lavorano in Italia e pagano le tasse, perché non dovrebbero usufruire al pari degli italiani delle prestazioni previste dal welfare? E se le tasse non le pagano ma hanno comunque bisogno di assistenza ospedaliera, chi ha il coraggio di dire che non la possono ricevere?
Diciamone un’altra, stavolta l’ultima e per onorare la par condicio. Non è che a sinistra e al centro i nostri politici dicano cose più buone e giuste rispetto a Matteo Salvini. La corsa perenne è alla strumentalizzazione delle situazioni, perché il fine ultimo è la famosa crocetta sulla scheda elettorale.
Se poi per ottenerla si deve pure dire qualche castroneria per pizzicare gli animi, ben venga. Alla faccia del bene comune. E alla faccia della salute pubblica, come in questo malnato caso.