Metodo Stamina, la piccola Sofia è morta (ma non è la bimba de Le Iene)
Un caso di omonimia sfruttato ad arte?
Quando, ieri, i mezzi d’informazione hanno dato la notizia della morte della piccola Sofia, è stato lasciato palesemente intendere che si trattasse della bambina che chiedeva di essere curata con il metodo Stamina e del cui caso si erano occupate Le Iene. Niente di più sbagliato. La piccola che, purtroppo, è deceduta è una bimba di Civitavecchia di soli 6 mesi e mezzo affetta da Sma1. La bambina presa a cuore da Le Iene soffre, invece, di leucodistrofia metacromatica, è di Firenze, ha quasi quattro anni e, fortunatamente, è ancora viva. Sofia Pirisi la prima, Sofia De Barros la seconda.
La notizia era stata data dallo stesso Davide Vannoni, presidente della Stamina Foundation, che ha parlato della piccola definendola il
primo morto causato dalla legge.
Nelle sue dichiarazioni Vannoni aveva precisato:
Non vogliamo strumentalizzare, ma ci sono centinaia di famiglie che stanno vincendo i ricorsi e con un ordine del giudice hanno un diritto acquisito che non può essere violato dallo stato. Sono casi di urgenza per terapie compassionevoli.
L’accusa di strumentalizzazione è, però, inevitabilmente piombata sul presidente della Stamina.
La legge che apre alla sperimentazione è stata approvata alla fine dello scorso mese, ma la piccola Sofia Pirisi, deceduta il 2 giugno, non è stata sottoposta alla terapia somministrata agli Spedali Civili di Brescia perché, secondo quanto afferma Vannoni,
non c’era posto e non c’era possibilità di ampliare gli accessi.
Vannoni ha incolpato di questo fatale ritardo proprio la nuova legge, affermando che
con il testo precedente, bocciato dal Parlamento, si sarebbe potuto invece ampliare la possibilità di offrire la cure.
Ora sembra che i genitori della vittima vogliano intentare una causa per omicidio volontario. Nel frattempo Filomena Gallo, segretario dell’Asociazione Luca Coscioni, pone una domanda interessante:
Vannoni ancora non ha provveduto a fornire i dati necessari all’Aifa e all’Iss per poter iniziare l’applicazione nei laboratori autorizzati. Cosa aspetta?
Bella domanda.
Via | Il Giornale; Il fatto quotidiano; Cronaca e attualità 2.0