Benessereblog Salute Milano, polmoni sopravvivono 30 ore fuori dal corpo: primo caso al mondo

Milano, polmoni sopravvivono 30 ore fuori dal corpo: primo caso al mondo

Una nuova tecnica permette ai polmoni di sopravvivere anche 30 ore fuori dal corpo. Una notizia molto importante soprattutto per quanto riguarda il settore dei trapianti.

Milano, polmoni sopravvivono 30 ore fuori dal corpo: primo caso al mondo

Presso il Policlinico di Milano è stata realizzata una nuova tecnica che permette ai polmoni di sopravvivere fino a 30 ore fuori dal corpo. La cosa è particolarmente utile soprattutto nel caso di trapianti. Quando si parla di trapianti, il tempo intercorso fra il prelievo dal donatore all’intervento di trapianto vero e proprio nel ricevente è fondamentale. Fra gli organi più delicati ci sono proprio i polmoni: si deteriorano rapidamente quando il cuore del donatore smette di battere. Ma con la nuova tecnica, il tempo in cui i polmoni possono stare fuori dal corpo senza rischio di essere danneggiati è stato triplicato.

Trapianto di polmoni: una nuova tecnica

Solitamente i polmoni resistono per 6-8 ore prima di essere trapiantati, poi degenerano e diventano inutilizzati. Tuttavia gli esperti del Policlinico di Milano hanno esteso questo lasso di tempo a più di 30 ore. Il tutto grazie alla combinazione di tecniche di raffreddamento standard e procedure per “ricondizionare” e preservare l’organo. Questo vuol anche dire avere sempre più organi candidati al trapianto, con riduzione delle liste di attesa per i riceventi.

I tradizionali donatori d’organo sono pazienti deceduti in ospedale nelle terapie intensive. Il che vuol dire morte cerebrale, ma con cuore che continua a battere mantenendo vitali gli organi fino a quando non vengono prelevati. Tuttavia c’è un’altra modalità di donazione: il donatore improvviso a cuore non battente. E’ quando accade, per esempio, a chi ha avuto un arresto cardiaco: chiamati i soccorsi, effettuata la rianimazione cardio-polmonare avanzata, si arriva in ospedale e qui viene constatato il decesso. In questi casi, la rianimazione fa sì che sangue e ossigeno continuino ad essere forniti agli organi. Ecco che anche questo è un candidato alla donazione, ma qui sopraggiungono i primi problemi.

Per la legge italiana, infatti, nonostante ci sia un consenso alla donazione (firmato in precedenza dal paziente o concesso dai parenti), ecco che bisogna aspettare, oltre il momento del decesso, altri 20 minuti in cui l’elettrocardiogramma deve essere piatto. Oltre a questo, bisogna poi fare esami per controllare che il donatore non abbia malattie che impediscano la donazione. Tutto questo fa scorrere le lancette dell’orologio, mettendo a rischio la possibilità di utilizzare quell’organo. Più le ore passano, più gli organi si deteriorano.

Ma grazie alla tecnica EVLP (Ex vivo lung perfusion) ecco che ai polmoni vengono forniti l’ossigeno e i nutrienti di cui hanno bisogno per non deteriorarsi. Questa la procedura:

  1. i polmoni vengono prelevati dal donatore
  2. i polmoni vengono raffreddati per 3 ore
  3. valutazione e ricondizionamento dei polmoni in EVLP per più di 18 ore

Durante questo lasso di tempo, poi, vengono fatte le analisi per assicurarsi che il donatore sia sano e permettere così al ricevente di ottenere un organo non malato. Mario Nosotti, direttore della Chirurgia Toracica e Trapianti di Polmone al Policlinico di Milano, ha così spiegato: “Non ci risulta sia mai stato fatto qualcosa di simile nel mondo. 30 ore sono un tempo record, che in altre situazioni metterebbe in pericolo la sopravvivenza dei polmoni. Anche per questo il numero di organi a disposizione per un trapianto è molto limitato, e i pazienti muoiono in lista d’attesa aspettando un organo che non arriva”.

Soddisfatto dei risultati anche Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano: “In Europa, purtroppo, si contano ogni anno centinaia di migliaia di arresti cardiaci, e solo il 40% delle rianimazioni cardiopolmonari riesce a salvare la persona, il che si traduce in circa 150 decessi al giorno. Queste persone, grazie alla nostra tecnica, sono tutte nuovi potenziali donatori di organi: anche fosse solo un donatore in più al giorno nel nostro Paese sarebbe un grande incremento, che permetterebbe di aumentare il numero di organi candidabili a un trapianto e di ridurre sensibilmente le liste d’attesa, salvando tante vite in più. E’ sicuramente una speranza e uno stimolo a impegnarci con ancora più forza in questo percorso”.

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