Natale, il pesce da portare in tavola risparmiando
I consigli per garantirsi il miglior consumo di pesce senza svuotare il portafoglio: i dati della Fondazione ADI.
Siamo sicuri che le brave massaie e i diligenti “massai” (chiamiamoli così) avranno già pianificato il menù della Vigilia e di Natale, ma è anche vero che spesso le esigenze e la disponibilità di mercato possono imporre modifiche dell’ultimo minuto.
La tradizione naturalmente è importante: Vigilia di magro e Natale di carne. Non si scappa dal classicone delle tavole delle feste e si potrebbe dire per fortuna, perché l’Osservatorio Nestlé – Fondazione ADI ha diramato i dati annuali di consumo di pesce degli italiani: solo il 33% della popolazione, rispetto al 38% dello scorso anno, mangia pesce almeno 2 volte alla settimana come indicano le linee guida del CRA-NUT, il Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, per una corretta alimentazione.
Questo calo potrebbe essere spiegato con un’esplosione del fenomeno della dieta vegetariana, avvenuto in Italia proprio quest’anno, ma è più probabile che preoccupazioni economiche e indagini sul pesce inquinato abbiano contribuito ad abbbassare sensibilmente la soglia di consumo del pesce sulle tavole degli Italiani: questa è l’pinione di Giuseppe Fatati, il Presidente della Fondazione ADI e coordinatore scientifico dell’Osservatorio:
La ritualità del Natale, soprattutto in Italia, è fortemente legata alla tavola come luogo dello stare assieme nei giorni di festa. I dati sul consumo del pesce, alimento che custodisce numerose qualità nutrizionali, proteine ad elevato valore biologico, grassi di buona qualità, sali minerali (fosforo, iodio, calcio, ferro) e vitamine (A, D, E, gruppo B), sono preoccupanti. Il periodo storico che stiamo vivendo porta a fare delle rinunce anche sul cibo che mettiamo in tavola, ma nei nostri piatti non deve mancare il valore nutrizionale di ciò che mangiamo.
Stando infatti ai dati raccolti, risulta che circa il 66% degli italiani nel 2013 ha modificato le abitudini alimentari e lo ha fatto principalmente per diminuire spese e sprechi. Tristemente, i consumatori che sono emersi come più attenti al prezzo (pari al 67% del totale campione) hanno affermato di consumare pesce saltuariamente (26%) o addirittura solo una volta la settimana (36%): problema culturale di conoscere solo il pesce più caro della carne come prezzo, oppure necessità dovuta realmente ad un aumento dei prezzi e riduzione dei salari?
Una soluzione c’è e si chiama varietà: il dottor Fatati ha suggerito alcuni tipi di pesce che potrebbero venire incontro alle sempre più pressanti esigenze economiche degli italiani.
Consiglio altri tipi di pesce, quelli d’acqua dolce, che sono meno utilizzati ma che hanno le medesime proprietà nutrizionali e costano meno: ad esempio la trota, presente in diverse varietà, possiede un bassissimo contenuto di colesterolo, è ricchissima di Omega 3 ed è altamente digeribile. Qualcuno si potrebbe sorprendere che vi sono solo 4,1 grammi di grassi e circa 20 grammi di proteine in 100 grammi di filetti di trota iridea, ma è sufficiente leggere le tabelle di composizione degli alimenti per averne conferma. Un’altra specie che potrebbe entrare nelle classiche ricette della Vigilia di Natale è il luccio, pesce presente nella tradizione culinaria della Lombardia e anche dell’Umbria e utilizzato in molte diete perché considerato “magro” grazie al suo basso contenuto di grassi. La parte edibile del luccio è il 56% con 18.7 proteine e 0.6 grammi di lipidi.
Un Natale di magro sì, ma non per il nostro portafoglio!
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