Obesità: una cura grazie alle mini scosse al cervello?
Un nuovo studio rivela che delle mini scosse nel cervello potrebbero aiutare a curare il problema dell’obesità.
Un nuovo studio ha dimostrato che la stimolazione magnetica transcranica profonda potrebbe aiutare a trattare i pazienti obesi. Lo studio è stato condotto dall’Irccs Policlinico San Donato, e conferma definitivamente l’efficacia e la sicurezza di questa tecnica, che richiede che il paziente indossi un casco mediante il quale, dall’esterno, viene applicata una sollecitazione elettromagnetica ad alcune regioni del cervello.
In passato il gruppo di ricerca aveva già descritto l’efficacia della stimolazione magnetica transcranica profonda per quanto riguarda la sua azione sul microbiota intestinale, portando a una perdita di peso nei soggetti obesi, ed aveva anche descritto l’efficacia di questa tecnica nel ridurre il bisogno impellente di mangiare. Il nuovo studio, pubblicato sulle pagine della rivista ‘Diabetes, Obesity and Metabolism‘, dimostra adesso in modo concreto che questo tipo di tecnica può davvero favorire una perdita di peso significativa nei soggetti obesi.
Sappiamo che la fame è regolata da fattori legati alle nostre scelte e al nostro metabolismo, ma sappiamo anche che nei comportamenti alimentari anomali sono implicate alcune disfunzioni nei circuiti cerebrali della ricompensa, modulati dalla dopamina. La stimolazione magnetica transcranica è già usata con buoni risultati in ambito neurologico per modulare il sistema dopaminergico in malattie neuropsichiatriche come la depressione maggiore e le dipendenze (da nicotina, alcool e cocaina). La nostra ipotesi era che si potesse usare anche per ridurre il desiderio di cibo, supportando così le terapie comportamentali classiche per la perdita di peso, incentrate sull’attività fisica e la dieta.
Per il loro studio, gli esperti hanno coinvolto 50 persone, 33 delle quali sono state seguite per più di un anno. Alcuni partecipanti hanno ricevuto 15 sedute di stimolazione, 3 volte alla settimana per 5 settimane, e proprio fra i membri di questo gruppo si sarebbe registrata una perdita di peso e una riduzione dell’indice di massa corporea significative rispetto a quella riscontrata fra i membri del gruppo di controllo (quasi 9 chili di differenza fra i membri del primo e quelli del secondo gruppo).
Gli esperti spiegano che questa scoperta rappresenta un punto di partenza per un approccio innovativo, non invasivo e ripetibile nel tempo, per combattere un problema grave e dilagante come quello dell’obesità, e potrebbe anche aiutare a prevenire tale problema nella fascia di età più a rischio, ovvero quella degli adolescenti.
via | AdnKronos
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