Obiezione di coscienza in Italia, arriva in Parlamento la relazione annuale sull’IVG
Secondo il Ministero della Salute la copertura sarebbe soddisfacente. I dati
Nonostante le cronache sembrino dirci il contrario, il diritto degli operatori della sanità all’obiezione di coscienza non starebbe limitando quello delle donne italiane a ricorrere, nei limiti stabiliti dalle normative, a un’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). E’ questo uno dei dati emergenti dalla Relazione annuale sull’attuazione della legge 194 del 1978 sull’IVG presentata al Parlamento lo scorso 15 ottobre. A metterla a disposizione del pubblico per la consultazione è il Ministero della Salute, precisando che i dati presentati sono quelli definitivi per l’anno 2012 e quelli preliminari per il 2013.
Secondo il Ministero non ci sarebbero criticità “su base regionale” nei servizi di IVG.
In particolare
precisa il Ministero
emerge che le IVG vengono effettuate nel 64% delle strutture disponibili, con una copertura soddisfacente, tranne che in due regioni molto piccole.
Dal dicastero proseguono spiegando che
considerando le IVG settimanali a carico di ciascun ginecologo non obiettore, ipotizzando 44 settimane lavorative in un anno, a livello nazionale ogni non obiettore ne effettua 1.4 a settimana, un valore medio fra un minimo di 0.4 (Valle d’Aosta) e 4.2 (Lazio). Il numero dei non obiettori nelle strutture ospedaliere risulta quindi congruo rispetto alle IVG effettuate. Il numero degli obiettori di coscienza nei consultori, pur nella non sempre soddisfacente copertura dei dati, è sensibilmente inferiore rispetto a quello registrato nelle strutture ospedaliere.
L’obiezione di coscienza, insomma, non sarebbe un problema. Certo, leggendo senza filtri i dati riportati nelle tabelle contenute nella relazione i fatti sembrerebbero poter essere un po’ diversi. Prendendo in considerazione i soli ginecologi (cui vanno poi aggiunte la casistica degli anestesisti e quella del personale non medico) nel 2012 la percentuale di obiettori più elevata è pari addirittura al 90,3%, rilevato in Molise. Non si discosta molto la Basilicata, dove i ginecologi obiettori sono l’89,4%, né la provincia autonoma di Bolzano (87,3%) o la Sicilia (84,5%). All’estremo opposto c’è la Valle d’Aosta, dove solo il 13,3% dei ginecologi è obiettore. Per il resto, la percentuale di obiettori non scende mai al di sotto del 53% dell’Emilia Romagna. In altre parole, solo in Valle d’Aosta la maggior parte dei ginecologi non è un obiettore, fatto che fa sorgere il dubbio che dato che il numero delle IVG cui si fa riferimento è quello degli interventi effettuati e non di quelli richiesti se “il numero degli obiettori nelle strutture ospedaliere risulta quindi congruo rispetto alle IVG effettuate” sia perché vengono fatti tanti interventi quanti resi possibili dal numero di ginecologi disponibili ad effettuarli. Lo stesso dubbio, insomma, che attanaglia chi si domanda se sia nato prima l’uovo o la gallina.
Dubbi a parte, ci piace leggere il Ministero informare che
si conferma la tendenza storica alla diminuzione dell’IVG in Italia.
Nel 2013 il numero di interruzioni volontarie di gravidanza sono diminuite del 4,2% rispetto al 2012, mentre il tasso di abortività (cioè il numero di IVG per 1.000 donne tra 15-49 anni) si è ridotto del 3.7% rispetto al 2012 (7.9 per 1000).
Nel 2012 sono state rilevate molte IVG fra le donne straniere (34%), mentre il tasso di abortività fra le minorenni è stato pari a 4,4 per 1000, poco diverso dal 4,5 per mille del 2010-2011.
Infine, i tempi di attesa sono in diminuzione
pur persistendo
ammette il Ministero
una non trascurabile variabilità fra le regioni.
La sanità, insomma, non è uguale per tutti.
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Via | Ministero della Salute