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Parkinson e Alzheimer, la birra come prevenzione

Il luppolo utilizzato per la produzione della birra contiene un polifenolo in grado di contrastare la degradazione cellulare responsabile delle malattie neurodegenerative più comuni.

Parkinson e Alzheimer, la birra come prevenzione

Dei benefici del vino rosso si sa molto e altrettanto è stato detto: contenendo resveratrolo aiuta a combattere lo stress, protegge la circolazione e aiuta a combattere la depressione. Ma sugli effetti positivi della birra, parente stretta anche se più “sportiva” del vino, si sa ben poco: a colmare la lacuna ci hanno pensato gli studiosi della Lanzhou University di Gansu, in Cina, che hanno investigato sul potere antiossidante di uno dei polifenoli contenuti nel luppolo necessario alla produzione della birra.

Nello specifico, nel luppolo è contenuto lo xantumolo, una molecola polifenolica della famiglia dei flavonoidi (cui appartiene anche il resveratrolo), conosciuti come i più importanti antiossidanti per la salute del corpo umano, in grado di difenderlo dalla degenerazione cellulare soprattutto per quanto riguarda la prevenzione e protezione delle cellule cerebrali. Essendo il luppolo uno degli elementi principali per la produzione della birra, lo studio ha indagato proprio sulla possibilità che bere birra sia una buona scusa per prevenire la degenerazione cellulare responsabile delle malattie come Parkinson e Alzheimer.

Lo xantumolo potrebbe essere uno dei responsabili del corretto funzionamento e mantenimento delle cellule, nello specifico quelle del gruppo PC12. Osservando gli esperimenti sulle cavie e in vitro, gli studiosi cinesi hanno notato che lo xantumolo contenuto nel luppolo protegge le cellule delle trasmissioni neuronali e contrasta l’invecchiamento del cervello.

Insomma, non significa suggerire di darsi alla pazza gioia consumando litri e litri di alcol, ma semplicemente che un bicchiere di birra al giorno potrebbe aiutare a prevenire l’insorgenza di tali malattie. Studiare gli effetti positivi dello xantumolo sulle cellule cerebrali potrebbe essere quindi questa una delle chiavi per affrontare da un punto di vista diverso le cure per le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o il Parkinson.

Via | ACS

Foto | Flickr

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