Paziente in stato vegetativo “risponde” ai medici
Una risonanza magnetica ha permesso di leggere nel cervello le risposte di Scott Routley, ma forse la diagnosi era sbagliata
Scott Routley, paziente in stato vegetativo da ben 12 anni, avrebbe risposto alle domande dei medici. La notizia, già di per sé stupefacente, è resa ancora più shockante dalla risposta che l’uomo canadese avrebbe dato: “non provo dolore”. Ad affermarlo è Adrian Owen del Brain and Mind Instiute dell’University of Western Ontario (Canada), le cui dichiarazioni sono state riportate da importanti testate internazionali. Ma cosa è successo realmente?
In effetti il paziente, che prima di dare questa “risposta” non aveva mostrato nessun segno di coscienza o di capacità di comunicare, non ha pronunciato nessuna parola. Per “ascoltarlo” i medici hanno utilizzato un metodo diverso dalla comunicazione verbale, sfruttando le potenzialità della risonanza magnetica funzionale, una tecnica che permette di visualizzare l’attività del cervello. Sulla base dei dati raccolti, gli esperti hanno concluso che Scott è in grado di sentire e di elaborare risposte alle domande che gli vengono poste. Tuttavia, c’è già chi ridimensiona la portata della notizia.
In casi come questo, infatti, il confine tra miracolo ed errore diagnostico è, infatti, molto labile. A spiegarlo dalle pagine del Corriere della Sera è Rita Formisano, primario dell’Unità post-coma dell’IRCCS Santa Lucia di Roma:
Si sa che il confine tra stato vegetativo e stato di minima coscienza è sfumato. (…) La mia opinione è dunque che facciano clamore quei casi che verosimilmente avevano un’etichetta diagnostica non corretta. Comunque, quando un paziente risulta in grado di comunicare funzionalmente deve essere ridefinito come un paziente che non è in stato vegetativo.
In altre parole, Scott potrebbe non essersi trovato in uno stato vegetativo vero e proprio, ma in una condizione (la minima coscienza), difficile da misurare, in cui la coscienza è gravemente alterata, ma è presente una minima consapevolezza.
Nonostante questi presupposti, secondo Owen i risultati ottenuti con Scott sarebbero sufficienti a riscrivere i testi di medicina.
Riuscire a chiedere a un paziente qualcosa che fosse importante per lui è stato il nostro scopo per molto anni
ha raccontato il medico.
In futuro potremmo chiedere cosa potremmo fare per migliorare la sua qualità di vita. Potrebbero essere cose semplici come l’intrattenimento fornito o l’orario del giorno in cui vuole lavarsi o mangiare.
Non c’è dubbio che questa possibilità sarebbe accolta da tutti con entusiasmo. Rimane il fatto che, per ora, le difficoltà diagnostiche sembrano ancora molte e i dubbi che le tecniche utilizzate per comunicare con Scott siano applicabili a tutti i casi di stato vegetativo rimangono ancora tanti.