Chi è affetto da sclerosi multipla dovrebbe considerare l’inserimento di una quantità significativa di pesce nella propria dieta quotidiana. Recenti ricerche indicano che un consumo regolare di questo alimento può essere collegato a un rallentamento notevole nella progressione della malattia. La sclerosi multipla è una condizione autoimmune in cui gli autoanticorpi attaccano la mielina, la guaina protettiva delle fibre nervose, causando danni irreversibili ai nervi e portando, nel tempo, a una riduzione della mobilità e a una neurodegenerazione progressiva. Sebbene le cause precise rimangano sconosciute, è noto che la vitamina D, presente nel pesce, gioca un ruolo importante, insieme ad altri fattori genetici e potenzialmente a infezioni virali.
La malattia presenta un decorso ciclico: si alternano fasi di acutizzazione, caratterizzate da crisi dolorose, a periodi di relativa calma immunologica, durante i quali gli attacchi alla mielina sono meno intensi. Le terapie attuali mirano a controllare il sistema immunitario per prolungare il più possibile gli intervalli tra una crisi e l’altra. In questo contesto, potrebbe emergere un nuovo approccio dietetico, che prevede un aumento del consumo di pesce, sia magro che ricco di acidi grassi insaturi. Uno studio pubblicato nel febbraio 2025 sul Journal of Neurology Neurosurgery & Psychiatry ha suggerito che una dieta ricca di pesce possa avere effetti significativi sulla progressione della sclerosi multipla.
Per approfondire il legame tra il consumo di pesce e la sclerosi multipla, un gruppo di neurologi del Karolinska Institutet di Stoccolma, Svezia, ha utilizzato i dati dell’Epidemiologic Investigation of Multiple Sclerosis (EIMS), uno studio avviato nel 2005. Questa ricerca ha coinvolto oltre 2.700 pazienti fino al 2015, con un’età media di 38 anni al momento dell’arruolamento. I partecipanti sono stati invitati a fornire informazioni dettagliate sulle loro abitudini alimentari, suddivisi in categorie in base alla quantità di pesce consumato: chi non ne mangiava mai, chi ne consumava da una a tre porzioni al mese e chi ne mangiava settimanalmente. È stato anche considerato il tipo di pesce consumato, sia magro che grasso.
Per valutare la progressione della malattia, è stata utilizzata la Expanded Disability Status Scale (EDSS), che misura il peggioramento della condizione in base a un incremento di almeno un punto tra controlli effettuati a sei mesi di distanza.
Analizzando i dati clinici e alimentari, è emerso che i partecipanti con il più alto consumo di pesce presentavano un rischio ridotto del 44% di peggioramento della disabilità e una progressione della malattia verso fasi più gravi. Questa associazione, pur non dimostrando un rapporto di causa ed effetto, è risultata consistente per tutte le tipologie di pesce e si è mantenuta anche dopo aver considerato fattori correttivi come età, genere, peso e abitudini legate al fumo.
Nel 2021, l’indagine ha subito un’evoluzione. I ricercatori hanno richiesto a circa 1.700 partecipanti di riferire eventuali modifiche nelle loro abitudini alimentari. Circa un quarto ha dichiarato di aver cambiato il proprio apporto di pesce, con due terzi che hanno aumentato il consumo e un terzo che lo ha diminuito. Chi ha incrementato il consumo di pesce ha mostrato una riduzione del 20% del rischio di peggioramento della disabilità, rispetto a chi non lo mangiava mai o solo occasionalmente. Per coloro che sono passati da un consumo minimo a uno massimo, il rischio è diminuito addirittura del 59%.
Un dato interessante emerso dalla ricerca è che l’efficacia del pesce è stata osservata indipendentemente dal tipo di carne, magra o grassa. Questo suggerisce che, oltre agli acidi grassi omega-3, noti per il loro effetto antinfiammatorio, ci sia un altro componente benefico. Gli autori dello studio ipotizzano che possa trattarsi della taurina, un aminoacido abbondante nel pesce. La taurina è fondamentale per il cervello e possiede proprietà antiossidanti e protettive per le cellule nervose, il che potrebbe spiegare i benefici associati al consumo regolare di pesce per chi soffre di sclerosi multipla.
Questi risultati sottolineano l’importanza della dieta nel contrastare la progressione della malattia, suggerendo che il suo ruolo potrebbe essere più significativo di quanto si fosse precedentemente pensato.