La sindrome da cuore spezzato
Non è solo un modo di dire, la scienza ne parla con dettaglio perché esiste e può uccidere: è un vero e proprio disturbo clinico provocato dall’emotività e può derivare dalle situazioni più disparate, come per esempio un lutto, una delusione d’amore, un dispiacere acuto, la paura paralizzante di affrontare alcune situazioni. I sintomi ricordano […]
Non è solo un modo di dire, la scienza ne parla con dettaglio perché esiste e può uccidere: è un vero e proprio disturbo clinico provocato dall’emotività e può derivare dalle situazioni più disparate, come per esempio un lutto, una delusione d’amore, un dispiacere acuto, la paura paralizzante di affrontare alcune situazioni.
I sintomi ricordano molto quelli dell’infarto, ma appunto non dipende dall’occlusione delle arterie quanto invece da uno stato emotivo che blocca le funzionalità cardiache. Scott Sharkey, cardiologo al Minneapolis Heart Institute, chiama la sindrome ”Una concussione cardiaca, un vero infarto scatenato da stress ed emozioni acute invece che da un’arteria bloccata“.
Secondo i risultati di alcuni studi recenti, gli esperti sono tutti d’accordo: la sindrome va trattata con cautela ed in modo appropriato, senza sottovalutarla. Secondo le ultime stime, tra l’1 e il 2% dei pazienti ricoverati per un infarto sono in realtà colpiti da “sindrome del cuore spezzato”, con una percentuale che sale addirittura al 6% tra le donne e in particolare quelle già in menopausa. Di solito i pazienti si riprendono in fretta dall’episodio, ma in alcuni rari casi la sindrome può essere letale e nel 10% dei casi è recidiva, ossia i sintomi si ripresentano.
Come ha mostrato uno studio condotto da Sharkey e pubblicato sul “Journal of American College of Cardiology”, tra le cause più comuni di questo disturbo figurano gli eventi ad alto impatto emotivo, come una separazione o il divorzio dal partner, o un lutto. Ma non finisce qui: anche una forte emozione in positivo può avere conseguenze inattese, come lo shock provocato dal fatto di trovarsi ad entrare di colpo in una “festa a sorpresa”.
Secondo il cardiologo Chet Rihal, quando i pazienti vengono ricoverati con la sindrome spesso il loro cuore pompa solo al 20% della sua capacità, ma nel giro di 48-72 ore la maggior parte dei malati riesce a recuperare il 60% della funzionalità cardiaca.
Via | MinnPost