Primo farmaco per l’Alzheimer: Roberto Burioni, un momento storico
Dopo 20 anni finalmente l'approvazione del primo farmaco per l'Alzheimer: un giorno davvero importante per tutti.
L’approvazione del primo farmaco per l’Alzheimer è stato accolto da medici e pazienti con grande entusiasmo. La FDA ha preso la decisione nonostante una commissione indipendente di esperti dell’agenzia e di altri esperti non fosse in linea, perché ritenevano non ci fossero prove sufficienti sull’efficacia della terapia. Un trattamento da una iniezione al mese per via endovenosa che ha il vantaggio di rallentare il declino cognitivo dei malati che si trovano nello stadio iniziale della patologia.
Patrizia Cavazzoni, che dirige il Center for Drug Evaluation and Research dell’Fda, spiega:
Siamo consapevoli dell’attenzione che circonda questa approvazione. Sappiamo che la terapia ha generato l’attenzione della stampa, dei pazienti e di molti soggetti interessati.
Più cauta la Federazione Alzheimer Europe, che in una nota fa sapere di apprendere “con favore l’approvazione del primo trattamento per modificare la progressione della malattia, piuttosto che fornire un sollievo sintomatico, come fanno i medicinali attualmente autorizzati. Questa decisione costituisce un progresso significativo nel trattamento della malattia di Alzheimer e dà speranza ai pazienti e alle loro famiglie che i disturbi cognitivi e funzionali associati alla malattia possano essere rallentati o ritardati“.
Farmaco contro l’Alzheimer: il primo si dell’FDA dopo 20 anni di attesa
Primo farmaco per l’Alzheimer, un giorno storico
Su Twitter, Roberto Burioni scrive:
Oggi è una giornata storica. Approvato da FDA il primo farmaco efficace contro il morbo di Alzheimer.
Anche Paolo Maria Rossini, direttore del Dipartimento di neuroscienze-neuroriabilitazione dell’Irccs San Raffaele Roma, si aggiunge alla felicità per questa giornata:
È il primo farmaco dopo vent’anni che sembra poter aiutare i malati, ma non sarà per tutte le persone colpite da Alzheimer. Questo nuovo farmaco è il primo in grado di interferire con uno dei tanti ‘killer’, la proteina beta-amiloide. Ma per quello che ricordo ha potenziali effetti collaterali come microemorragie cerebrali. Chi lo farà (stimo in Italia circa 100mila pazienti candidali se ci sarà l’ok dell’Ema e dell’Aifa) dovrà sottoporsi a risonanze magnetiche e aver documentato la presenza della proteina beta-amiloide.
Foto di Gerd Altmann da Pixabay