Primo trapianto doppio di mani in Italia, come sta Carla Mari 10 anni dopo
10 anni fa il primo trapianto doppio di mani in Italia, oggi Carla Mari racconta cosa ha significato per lei quell'intervento.
10 anni fa in Italia è stato eseguito il primo doppio trapianto di mani. Da allora è rimasto un unicum. A eseguire l’intervento un team dell’ospedale San Gerardo di Monza. Era la notte del 12 ottobre del 2010 quando Carla Mari ha potuto riavere le mani. E ha potuto riavere quell’autonomia che fino ad allora gli era stata negata, dal giorno in cui le mani e i piedi tre anni prima le erano stati amputati a causa delle conseguenze di una sepsi generalizzata sistemica.
Grazie a un trapianto da donatore, oggi Carla racconta com’è cambiata la sua vita da quel giorno:
Oggi posso abbracciare, posso stringere mani, posso accarezzare i miei nipotini, posso toccare la vita e tutto l’impegno, la fatica, anche il dolore, è solo un ricordo del passato, ogni azione quotidiana è diventata così normale che spesso anche i miei familiari “dimenticano”.
Carla Mari oggi ringrazia la famiglia che le ha permesso di rinascere:
Ci sarà sempre da parte mia una riconoscenza infinita per la famiglia che ha fatto in modo che io abbia potuto “rinascere”, e per tutta l’équipe medica che prima, durante e oggi mi ha seguita non solo, anzi mai, come una paziente, ma sempre in un modo così familiare e direi affettuoso, da farmi sempre sentire parte di un grande progetto, soprattutto umano.
Mentre il Direttore Generale della ASST Monza Mario Alparone spiega che si tratta di un “successo per la sanità pubblica e un successo per la nostra Azienda che dieci anni fa ha eseguito il doppio trapianto e che oggi brinda insieme a Carla per il risultato, dando una speranza a chi è ancora in attesa di un trapianto da donatore“.
Il successo è stato reso possibile anche da un’intuizione del professor Andrea Biondi che ha sfruttato cellule staminali mesenchimali autologhe, preparate nel laboratorio Verri e utilizzate in più occasioni nell’arco di questi. Hanno permesso di non avere episodi di rigetto e di usare una terapia di mantenimento mono farmaco sotto la soglia terapeutica.
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Via | Ansa