Protezione solare: una pillola a base di corallo al posto delle creme?
Novità sul fronte della protezione dai raggi UV: scopri qui i segreti della pillola che funziona proprio come una crema solare
Dicono che tra qualche anno sarà pronto un prodotto che rivoluzionerà le abitudini di chi ama la tintarella e che farà sparire una volta per tutte tutti gli impicci legati all’applicazione delle creme solari. Si tratta di una pillola che, riproducendo sinteticamente un composto prodotto naturalmente dal corallo, si ripromette di proteggere dalle scottature sia la pelle, sia gli occhi di chi si espone al sole.
Bisogna sapere infatti che il corallo riesce a sopravvivere grazie alla relazione di simbiosi instaurata con un’alga che lo ricopre, la quale produce un composto chimico che una volta raggiunto il corallo si trasforma in una forte barriera contro i raggi UV. Questa difesa naturale non solo risulta benefica per entrambi gli esseri, pare che anche i pesciolini che quotidianamente spiluccano l’alga corallina, attraverso il suo consumo vengano protetti dai danni causati da un eccessiva esposizione al sole.
Dicono che questo prodotto – sviluppato dal King’s College di Londra – sarà probabilmente disponibile solo con ricetta medica per evitare potenziali overdosi e danni alla salute. C’è da ricordare infatti che la pelle deve reagire comunque un po’ ai raggi UV affinchè il corpo rimanga in salute in quanto una protezione eccessiva dai raggi del sole potrebbe causare una carenza di vitamina D.
La riproduzione sintetica di questo composto potrebbe anche essere applicata al settore dell’agricoltura, in quanto permetterebbe di coltivare in zone molto calde prodotti che in genere necessitano di un clima temperato. Alcuni geni corallini infatti potrebbero essere inseriti in determinate piante attraverso una manipolazione al fine di renderle resistenti alle alte temperature, cosa che potrebbe rivelarsi utile in quelle nazioni dove il clima torrido ostacola lo sviluppo della coltivazione di alcuni tipi di prodotti agricoli.
Via | The Guardian
Foto | Flickr