Il rischio demenza aumenta se si assumono alcuni farmaci comuni. A rivelarlo una ricerca realizzata dall’Università di Cambridge e di Exeter.
La comparsa di alcune malattie neurodegenerative sembra essere legata al consumo di farmaci molto comuni. Una scoperta che ha avuto un certo eco mediatico e che ha suscitato alcuni dibattiti rilevanti nell’ambiente medico. A confermare questa presunta connessione tra demenza e il consumo di alcuni medicinali una ricerca realizzata dall’Università di Cambridge e di Exeter che ha coinvolto un numero molto alto di persone: circa 130 milioni.
I farmaci analizzati sono antipsicotici, quelli per la pressione alta e il diabete, alcuni integratori e vitamine, e anche i SSRI ossia i medicinali serotoninergivi. Dalla ricerca è anche emerso che anche altri farmaci di uso più comune possono ridurre la comparsa della demenza e patologie simili, una scoperta rilevante che non va sottovalutata. Si tratta di medicinali antinfiammatori, ma anche alcuni antibiotici e vaccini. Questi presidi ridurrebbero la comparsa della patologia del 44%:
“Si tratta di una scoperta promettente e occorre fare di più per verificare se i farmaci esistenti possano contribuire a combattere questa patologia che colpisce oltre 55 milioni di persone nel mondo”. Così riporta lo studio che è stata pubblicato sul Alzheimer’s and Dementia: Translational Research & Clinical Interventions. Nella ricerca si legge che la connessione tra farmaci e demenza potrebbe essere conseguenziale, ma anche del tutto causale, e per questo l’esito va analizzato con una certa cautela.
Farmaci e demenza: eventuali connessioni
L’eventualità che alcuni farmaci favoriscano o riducano la comparsa della demenza non è tuttavia certa. I ricercatori hanno infatti aggiunto che la tesi va sperimentata attraverso apposite indagini cliniche: “Dovremo confermare questa scoperta in sperimentazioni cliniche e indagare su come questi farmaci potrebbero potenzialmente proteggere il cervello dalla demenza”.
La demenza è una patologia molto comune nel mondo, solo in Italia oggi ne soffrono i 1,2 milioni di persone che sono destinate a triplicarsi entro il 2060. Negli ultimi anni la ricerca ha fatto passi importanti, ma non è ancora disponibile una cura efficacia che possa far regredire o anche solo fermare la patologia.
Il dottor Ben Underwood, del Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Cambridge ha più volte ribadito l’esigenza di avere nuovi trattamenti: “Abbiamo urgente bisogno di nuovi trattamenti per rallentare il progresso della demenza, se non addirittura per prevenirlo. Se riusciamo a trovare farmaci già autorizzati per altre patologie, allora possiamo avviarli alla sperimentazione…”