Sclerosi multipla, smentiti i benefici del metodo Zamboni
Tre nuovi studi non confermano i benefici dell'intervento ideato dal ferrarese Paolo Zamboni, mentre un quarto mette in dubbio le sue basi. Le novità dal congresso Ectrim
Il metodo Zamboni non è efficace per la terapia della sclerosi multipla. A smentire l’utilità dell’intervento messo a punto dal chirurgo ferrarese Paolo Zamboni sono ben quattro studi, i cui risultati sono stati presentati durante il congresso dell’European commitee for treatment and research in multiple sclerosis (Ectrims) di Copenaghen.
Le prime tre ricerche, condotte presso le Università di Ancona, di Ottawa e di Vancouver, hanno coinvolto in totale circa 200 pazienti, il cui stato di salute dopo l’intervento è stato monitorato tramite questionari ed esami clinici. In base ai dati raccolti i loro autori hanno concluso che il metodo offre benefici solo a breve termine, che in seguito scompaiono.
Il quarto studio, sempre dell’Università di Ottawa, ha confrontato 50 pazienti e 50 pazienti per capire se il restringimento dei vasi che viene eliminato con l’intervento proposto da Zamboni è davvero la causa dei sintomi della malattia, ma non ha rilevato un’associazione sufficientemente significativa.
Cos’è il metodo Zamboni
Il metodo Zamboni si basa sul presunto legame tra la sclerosi multipla e l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale (Ccsvi), una condizione che causa il restringimento di alcuni vasi sanguigni e, di conseguenza, un accumulo di sostanze tossiche che provocherebbe una reazione infiammatoria nell’organismo. Questo fenomeno sarebbe la causa delle alterazioni della mielina (la sostanza che avvolge i prolungamenti delle cellule nervose) tipiche della malattia.
Secondo Zamboni l’eliminazione chirurgica dell’ostruzione delle giugulari eviterebbe l’accumulo di sostanze tossiche, migliorando così i sintomi della sclerosi multipla e rallentandone la progressione.
La popolarità del metodo è aumentata lo scorso anno, quando Nicoletta Mantovani, vedova di Luciano Pavarotti, ha raccontato di essersi sottoposta all’intervento e di non soffrire più dei sintomi della malattia.
Accusato di sensazionalismo dalla Federazione delle Società Medico-Scientifiche Italiane (Fism), Zamboni ha in passato precisato che i pazienti sottoposti all’intervento non dovevano assolutamente interrompere le cure farmacologiche.