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Senso di colpa alimentare: cos’è e come si affronta

La psicologa risponde per quello che riguarda il tema del senso di colpa alimentare, una sensazione che colpisce sempre più persone.

Senso di colpa alimentare: cos’è e come si affronta

Fonte immagine: Pixabay

Hai mai provato un senso di colpa alimentare? Si manifesta in diversi modi e tutti possiamo sperimentarlo. È più comune in chi segue diete troppo restrittive, che mettono a dura prova la nostra volontà. Ma lo possono provare tutti quanti, soprattutto quando non si ha un rapporto equilibrato con il cibo.

Per capire cos’è, come si riconosce e come si affronta, abbiamo voluto interpellare un’esperta. Abbiamo chiesto un po’ di cose alla Dottoressa Giulia Ulivi, psicologa, di MioDottore, che ha aderito al progetto di video consulenza online attivato dalla piattaforma

Cosa sono i sensi di colpa alimentari?

Il senso di colpa alimentare non rientra tra le categorie diagnostiche che descrivono le psicopatologie. Tuttavia, si riferisce a un vissuto emotivo e a un comportamento alimentare che accomunano le persone che si riconoscono in frasi come “non so resistere al cibo”, “sono troppo goloso”, “dopo aver mangiato mi sento in colpa”.

Avere un rapporto equilibrato con il cibo, liberandosi dalle false credenze e dai sensi di colpa legati ad esso, è possibile e parlarne è il primo passo da fare per riconoscere la sua importanza. Il senso di colpa è un sentimento che fa parte della sfera della moralità e tende a promuovere un comportamento etico. In particolar modo, il senso di colpa deriva dal giudizio negativo per uno specifico comportamento (mancato o compiuto) rivolto a un’altra persona, generando emozioni qualirimorso e rimpianto rispetto al comportamento precedente, creando così uno stato di tensione. Inoltre, è molto importante portare l’attenzione sulle emozioni e su quali parti del corpo vengono percepite.

Ad esempio, la rabbia viene avvertita in particolar modo a livello mandibolare, mentre l’ansia viene sentita a livello dello stomaco, spesso percepito come vuoto e riempito con il cibo. Entrambe sono parti del corpo con un ruolo nell’atto di mangiare o rappresentano una via di passaggio importante per ciò che viene ingerito. Il rapporto esistente tra emozioni, corpo e cibo è molto forte e il senso di colpa alimentare si presenta spesso dopo aver mangiato sotto la spinta emotiva o dopo un’abbuffata, ma anche se si mangia di più rispetto a quanto previsto o in modo diverso da quanto programmato. Ciò può accadere ad esempio alle persone che seguono una dieta dimagrante: basta un alimento “fuori programma” ed iniziano i sensi di colpa.

mangiare cibo spazzatura
Fonte: Pixabay

Quando si manifestano i sensi di colpa alimentari?

Il senso di colpa inizia quando non si giudica solo il comportamento alimentare, ma viene messa sotto accusa la propria persona nella sua interezza, dandosi un determinato valore sulla base di ciò che è stato mangiato, con giudizi auto-inflitti. Sia che si tratti di complimenti che di critiche, il dare a se stessi un valore sulla base del tipo di cibo che si mangia non è funzionale, essendo un atteggiamento che contribuisce a etichettare il cibo e il comportamento alimentare in modo rigido e poco, o per nulla, orientato ai propri bisogni.

Si può pensare ad esempio al senso di colpa suscitato per aver mangiato quello che non si sarebbe voluto o dovuto: potrà esserci tristezza o rabbia verso se stessi, senso di fallimento, vergogna, paura per la possibilità che si possano ripetere gli stessi “errori” o di prendere peso, e così via.

Se tendenzialmente le emozioni si gestiscono attraverso il cibo, esse condurranno con buona probabilità a sentirsi di nuovo in colpa, creando un vero e proprio circolo vizioso da cui è necessario uscire.

Quali sono le cause?

Le cause del senso di colpa alimentare possono essere diverse. Osservare un comportamento alimentare troppo restrittivo può innescare la volontà di comportarsi “bene” e il desiderio di “recuperare” un eventuale sbaglio commesso. Il più delle volte i sensi di colpa alimentari nascono proprio dopo periodi di diete restrittive per raggiungere la forma fisica desiderata. Nel caso in cui non si raggiunga l’obiettivo, le emozioni che ne derivano possono condurre a ricercare altro cibo per sentirsi meglio, seguendo un circolo vizioso.

Un’altra causa possibile è l’aver acquisito in modo automatico l’abitudine di gestire le emozioni o di esprimerle attraverso il cibo, con premi e punizioni per autoregolare i vissuti della sfera affettiva. La difficoltà di affrontare gli eventi negativi e godere dei successi innesca una tendenza al perfezionismo, che difficilmente porta a raggiungere obiettivi.

sensi di colpa e psicologo
Fonte: Pixabay

Come lo psicologo può aiutare chi ne soffre?

Avere una maggiore consapevolezza del proprio mondo emotivo e tentare di esprimere le emozioni dando loro un nome e rispettandole è una strada possibile. Il fine è favorire una modalità di funzionamento psicofisico più salutare. Per fare questo, è utile rivolgersi a un professionista per la salute mentale, come lo psicologo.

Intraprendere un percorso psicoterapeutico, infatti, può permettere di:

  • essere emotivamente sostenuti in modo efficace
  • individuare situazioni scatenanti
  • modificare etichette o giudizi mal adattivi
  • migliorare la propria risposta agli eventi
  • accettare eventuali sbagli

Un atteggiamento più consapevole e ‘’morbido’’ verso se stessi può essere ulteriormente sostenuto da tecniche, come:

  • tecnica della mindfulness (percorsi basati su pratiche meditative tenuti da professionisti formati sul tema)
  • approccio mindful eating, che sottolinea l’importanza di utilizzare tutti i sensi nella preparazione e consumazione del cibo, esplorando con curiosità le nostre reazioni al cibo e i segnali interni di fame e sazietà.

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