Sindrome del cuore spezzato: quando la causa è la pandemia
In che modo la pandemia è collegata alla Sindrome del cuore spezzato? Ecco cosa ci spiega l'esperta in merito a questa particolare condizione
Durante la pandemia si è registrato un aumento dei casi di Sindrome del cuore spezzato. Questa condizione – nota anche con il nome di sindrome del crepacuore o sindrome di Takotsubo, si manifesta quando una persona è sotto un forte stress emotivo. Purtroppo l’emergenza Covid ha innescato una situazione di profondo disagio nella popolazione di tutto il mondo.
Oltre alla paura del contagio, avvertiamo lo stress da quarantena, soffriamo per la distanza dai nostri cari, abbiamo paura per una situazione finanziaria non facile. A questo si aggiunge il timore per la salute dei propri parenti e amici, che ci accompagna ormai da troppo tempo. In un contesto del genere, emerge in modo più frequente una condizione medica che normalmente è invece piuttosto rara. Stiamo parlando proprio della Sindrome del cuore spezzato, una cardiomiopatia non ischemica temporanea che simula l’infarto miocardico.
Sindrome del cuore spezzato e Covid: il legame inaspettato
A parlarne è stata Simonetta Scalvini, primario cardiologo dell’Irccs Maugeri di Lumezzane, a Brescia. In un’intervista rilasciata ad AdnKronos la dottoressa spiega di essere rimasta molto sorpresa dall’aumento dei casi di questa sindrome, che normalmente colpisce soprattutto il genere femminile. Nell’arco di una settimana – spiega l’esperta – in ospedale si sono registrati tre casi di donne (pazienti Covid) con infarto Takotsubo.
La Scalvini spiega che le pazienti recupereranno dal punto di vista cardiaco, tuttavia quella che si trovano ad affrontare è una situazione molto complessa:
Questi episodi ci fanno capire come la malattia da Sars-CoV-2 coinvolga la persona a 360 gradi, colpisca dal cervello al cuore, fino alla sfera psicologica, e comporti tutta una serie di patologie associate e complicanze.
Fra le complicazioni del Covid citate dall’esperta vi sono anche i deliri, un problema che sembra aver colpito molte persone. E a proposito delle condizioni di salute dei pazienti dopo la “guarigione” dal Covid, la Scalvini sottolinea che un esito negativo del tampone non implica la totale scomparsa dei sintomi:
Il contrario di positivo al virus è negativo. Aver confuso questo con parole come “guarito” è stato un errore. Abbiamo casi drammatici che pur negativi non possono essere dimessi, persone che devono ancora vivere tutta la malattia con i suoi residui polmonari molto evidenti, con problemi aperti di tale entità che a volte, quando li mandiamo a casa dopo un mese di riabilitazione, fanno fatica persino ad alzarsi e camminare.
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via | AdnKronos
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