Statine per la prevenzione primaria, i cardiologi dicono sì
Recenti studi dimostrano inequivocabilmente i benefici dell'assunzione di questi farmaci nella riduzione del rischio cardiovascolare
Le statine sono i farmaci più utilizzati per proteggere la salute di chi soffre di disturbi cardiovascolari. Ma cosa dire, invece, a proposito del loro sempre più diffuso impiego nella prevenzione primaria dei problemi che possono minacciare il benessere di cuore e arterie? Secondo i cardiologi far assumere questi farmaci anche alle persone anziane con livelli di colesterolo cattivo a rischio potrebbe essere una buona strategia di prevenzione primaria. A supportare questa ipotesi ci sono anche i risultati di uno studio condotto da Pasquale Perrone Filardi, esperto dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II” di Napoli, che ne parlerà durante il 74mo Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia (SIC) in programma da oggi, 14 dicembre, a lunedì 16 a Roma.
L’opportunità di utilizzare le statine nella prevenzione primaria dei disturbi cardiovascolari è stata portata alla ribalta della cronache dalla pubblicazione delle nuove linee guida dell’American Heart Association e dell’American College of Cardiology. Secondo alcuni esperti il nuovo calcolatore del rischio cardio e cerebrovascolare, basato sui livelli di colesterolo, potrebbe portare alla somministrazione preventiva di questi farmaci anche a persone che non presentano reali fattori di rischio. Lo studio di Perrone Filardi ha però dimostrato, “per la prima volta in modo inequivocabile”, che nella terza età la riduzione dei livelli di colesterolo LDL (quello, appunto, considerato “cattivo”) ottenibile con l’assunzione di statine può ridurre significativamente il rischio cardiovascolare.
In particolare, spiega l’esperto,
ridurre il colesterolo cattivo con le statine, nei pazienti con più di 65 anni, che non hanno mai avuto una malattia cardiovascolare in precedenza, ma che, insieme all’età, sono portatori di almeno un altro fattore di rischio, come ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, fumo, comporta una riduzione del 39% degli infarti cardiaci e del 24% circa dell’ictus cerebrale.
I benefici non riguardano solo la riduzione dei decessi per cause cardiovascolari ischemiche, ma anche il rischio di disabilità e di non autosufficienza, che minacciano sia la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie, sia i delicati bilanci della Sanità.
Le nuove linee guida puntano molto sulla prevenzione primaria
spiega Perrone Filardi, concludendo che i risultati delle sue ricerche
si collegano molto bene alle nuove linee guida americane.
Via | Comunicato stampa