Test prenatali o amniocentesi? Secondo il ginecologo le analisi del sangue sono pericolose
A sostenerlo è Claudio Giorlandino, presidente della Fondazione Altamedica per lo studio delle patologie della madre e del feto
I test prenatali che promettono di identificare eventuali anomalie cromosomiche nel feto attraverso una semplice analisi del sangue della mamma durante la gravidanza sono sempre più numerosi. Oltre ad assicurare la loro attendibilità, in genere chi li propone sottolinea che in caso di responso positivo – ossia se il test dovesse rilevare la presenza di un’anomalia cromosomica – prima di prendere qualsiasi decisione ci si dovrebbe sottoporre ad analisi più invasive come l’amniocentesi o la villocentesi, le uniche in grado di confermare in modo certo la diagnosi. A quanto pare, però, in molti casi tutto ciò non avviene. A lanciare l’allarme è il ginecologo Claudio Giorlandino, presidente della Fondazione Altamedica per lo studio delle patologie della madre e del feto, secondo cui questi test potrebbero addirittura essere pericolosi.
Dai primi risultati accertati documentalmente compaiono numerosi falsi positivi che portano le donne all’interruzione di gravidanza
spiega l’esperto, che aggiunge:
Prescindendo da tutte le considerazioni scientifiche a favore e contro tali test, sento forte il dovere etico di riferire la mia esperienza che, dopo un primo interesse, è divenuta presto sospetto, preoccupazione ed infine allarme per quel che ho potuto documentare.
Giorlandino racconta che negli ultimi mesi ha avuto a che fare con i casi di 8 gestanti che in base a test di questo tipo credevano di aspettare un bambino portatore di una patologia cromosomica. Le villocentesi e le amniocentesi condotte per verificare la diagnosi l’anno smentita in ben 6 casi.
Appena ho improvvisamente realizzato che, alcune pazienti, approfittando del fatto che il risultato del test giunge prima dell’epoca prevista come limite temporale per la interruzione volontaria di gravidanza, venivano indirizzate direttamente all’aborto senza neanche cercare la conferma attraverso i test diagnostici, ho sentito forte il dovere morale, etico e deontologico, di allertare le madri su questo rischio concreto
racconta il ginecologo.
Se a me, su 8 donne giunte casualmente, circa il 75% avevano avuto un risultato errato, immagino in Italia quante altre volte questo sia avvenuto e quante volte stia avvenendo.
Giorlandino non manca nemmeno di ricordare che esiste anche la possibilità opposta, ossia che il test non rilevi nessuna anomalia, ma che in realtà il bambino sia affetto da una patologia.
Questo però è il male eticamente minore
commenta il medico.
Ciò che angoscia e sconcerta è il solo astratto pensiero che, un test falsamente patologico, senza opportuna conferma, abbia già portato all’aborto un numero imprecisato di poverette male informate.
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Via | Asca