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Un pacemaker contro l’anoressia

La stimolazione del cervello con un pacemaker migliora i sintomi delle forme più gravi di anoressia. La sperimentazione

Un pacemaker contro l’anoressia

Nuove speranze per la cura delle forme di anoressia non trattabili con le terapie convenzionali: i ricercatori dell’Università di Toronto hanno dimostrato che agire direttamente sull’attività delle aree del cervello che controllano l’umore e la depressione con una sorta di pacemaker aiuta a controllare il peso anche nei casi in cui il disturbo è presente da diversi decenni e le pazienti non rispondono ai trattamenti attualmente in uso.

Inizialmente lo studio che apre le porte a questa nuova speranza, pubblicato su The Lancet, era stato pensato solo per testare la sicurezza di questo approccio innovativo. Tuttavia, i risultati ottenuti sono già sufficienti per ipotizzare che oltre ad essere sicura questa metodica è anche efficace e come ha sottolineato Blake Woodside, coautore della sperimentazione

qualsiasi trattamento potenzialmente in grado di cambiare il naturale decorso di questa malattia non offre solo una speranza, ma salva le vite di chi soffre della forma più estrema di questa condizione.

Come ha spiegato lo stesso Woodside, i disturbi dell’alimentazione sono caratterizzati dal tasso di decessi più elevato di tutte le malattie psicologiche e sempre più donne muoiono a causa dell’anoressia. Per questo

c’è un bisogno urgente di terapie addizionali per aiutare chi soffre di anoressia grave.

In particolare, l’anoressia nervosa è letale nel 15% dei casi e il 15-20% degli individui che ne soffrono ne sviluppano forme croniche e che non rispondono ai trattamenti.

Questo nuovo approccio potrebbe aiutare proprio queste persone sfruttando i principi della Deep Brain Stimulation, una metodica utilizzata già per trattare il Parkinson e la depressione somministrando impulsi elettrici al cervello.

Nella prima sperimentazione nelle aree del cervello responsabili dell’umore e della depressione di 6 donne di età compresa tra i 24 e i 57 anni, tutte affette da anoressia da un periodo di tempo variabile tra i 4 e i 37 anni, non responsive ad altri trattamenti e con complicazioni e ricoveri ospedalieri alle spalle, sono stati impiantati degli elettrodi collegati ad un pacemaker nascosto nella pelle in prossimità della clavicola. A 3 mesi dall’impianto 5 pazienti hanno smesso di dimagrire, prendendo, in alcuni casi, qualche chilo. Dopo 9 mesi, 3 donne sono riuscite a mantenere un peso più elevato rispetto a quello registrato all’inizio del trattamento, il risultato migliore raggiunto da quando hanno iniziato a lottare con l’anoressia.

In 4 casi il trattamento ha avuto effetti positivi anche sull’umore, l’ansia, il controllo delle risposte emotive, l’impulso a mangiare troppo per poi vomitare e altri sintomi del disturbo, come le ossessioni e le compulsioni. Solo in un caso sono state registrate crisi epilettiche, associate ad un disturbo metabolico causato dall’anoressia.

Bersagliando e correggendo i circuiti cerebrali specifici associati ai sintomi di alcuni di questi disturbi [neurologici] stiamo trovando nuove opzioni per trattare queste malattie

ha spiegato Andres Lozano, autore principale dello studio.

Stiamo davvero dando inizio ad una nuova era della conoscenza del cervello e del ruolo che può giocare in alcuni disordini neurologici.

Via | The Telegraph
Foto | Flickr

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