Benessereblog Salute Vitamina D: tutto quello che devi sapere sulla “vitamina del sole”

Vitamina D: tutto quello che devi sapere sulla “vitamina del sole”

La guida completa alla vitamina D: a cosa serve, i benefici, i cibi più ricchi, i rischi da carenza e sovradosaggio, quando è utile assumere integratori.

Vitamina D: tutto quello che devi sapere sulla “vitamina del sole”

Fonte immagine: Unsplash / Jason Blackeye

La vitamina D è conosciuta anche come “vitamina del sole” perché il nostro organismo la produce essenzialmente attraverso l’esposizione della pelle ai raggi solari. Possiamo farne scorta anche con la dieta, ma solo in minima parte, perché i cibi che la contengono sono molto pochi.

Questa vitamina è importantissima per mantenere le nostre ossa sane e forti, ma anche per il nostro benessere globale. Contribuisce, per esempio, a far funzionare bene il sistema immunitario e molti studi ne hanno messo in evidenza l’azione protettiva nei confronti di tante malattie, da quelle cardiovascolari ai tumori. Questo, però, non significa che dobbiamo farne il pieno con gli integratori, che non sempre sono utili e, a volte, possono anche essere nocivi.

Scopri tutto quello che c’è da sapere sulla vitamina D: cos’è, a cosa serve, quali sono i suoi benefici e le sue proprietà, in quali cibi si trova, qual è il nostro fabbisogno di questa vitamina, cosa si rischia in caso di carenza e di eccesso, quando serve una supplementazione.

Vitamina D: cos’è?

La vitamina D è una vitamina liposolubile che si accumula nel fegato e che il nostro corpo rilascia a piccole dosi quando abbiamo bisogno di utilizzarla.

In realtà, quella che siamo abituati a chiamare vitamina è un ormone, o meglio, un gruppo di molecole (pro-ormoni) che si presentano per lo più in due forme:

  • l’ergocalciferolo (vitamina D2), che viene assunto con il cibo
  • il colecalciferolo (vitamina D3), che viene sintetizzato dall’organismo attraverso l’assorbimento dei raggi solari a livello cutaneo.

Solo una piccola percentuale di vitamina D (10-20%) proviene dall’alimentazione. La maggior parte si forma nella pelle a partire da un grasso simile al colesterolo (deidrocolesterolo o provitamina D3), che viene trasformato per effetto dell’esposizione ai raggi UV. Una volta che è stata prodotta nella cute o assorbita a livello intestinale, la vitamina D passa nel sangue. Qui una proteina specifica la trasporta al fegato e al rene, dove viene attivata.

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Fonte: Unsplash / Fleur Kaan

A cosa serve la vitamina D

Il principale effetto benefico della vitamina D è legato al buon funzionamento del metabolismo delle ossa e alla loro corretta formazione e mineralizzazione, perché favorisce l’assorbimento del calcio e del fosforo.

Si tratta quindi di una vitamina importantissima per la salute dell’apparato scheletrico e per la prevenzione di patologie come il rachitismo nei bambini e l’osteoporosi negli adulti.

Ma la vitamina D non fa bene solo alle ossa, al contrario, apporta anche tantissimi altri benefici all’organismo: agisce, infatti, come un ormone che regola diversi organi e sistemi, come quello immunitario.

Proprietà e benefici della vitamina D

La vitamina D, nella sua forma attiva, si lega a uno specifico recettore che si trova sulla superficie delle cellule, non solo in quelle delle ossa ma anche in tantissimi altri apparati: nel sistema immunitario, nello stomaco, nel cervello, nei reni e nella prostata. Ecco perché i suoi effetti positivi coinvolgono il nostro benessere e la nostra salute a 360 gradi e ci proteggono da moltissime malattie.

Il suo beneficio più noto e riconosciuto è quello di aiutarci ad avere e a mantenere ossa forti: la vitamina D, infatti, migliora la densità minerale ossea, quindi assicurarsi il giusto apporto di questa vitamina è utile sia per favorire il corretto sviluppo dell’apparato scheletrico nei bambini, sia per prevenire problematiche come osteoporosi e fratture negli adulti, specie negli anziani e nelle donne in menopausa.

Per la sua capacità di favorire l’assorbimento del calcio, questa vitamina è importante anche per la salute dei denti.

Ma la vitamina D fa molto di più:

  • regola il metabolismo ormonale
  • contribuisce a mantenere sano il nostro sistema immunitario grazie al suo effetto immunomodulante
  • aiuta a controllare i livelli di infiammazione nell’organismo
  • garantisce una normale contrattilità dei muscoli, compreso quello cardiaco.

Secondo alcuni studi, la vitamina D sarebbe anche potenzialmente in grado di prevenire o rallentare lo sviluppo dei tumori, anche se la sua azione deve essere ulteriormente approfondita. In particolare, è stato individuato un legame tra alti livelli di questa vitamina nel sangue e protezione dal tumore del colon retto.

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Fonte: Unsplash / Rasa Kasparaviciene

In quali alimenti si trova la vitamina D

La vitamina D è presente solo in pochi cibi e in quantità molto limitate. Tra gli alimenti che ne sono particolarmente ricchi c’è l’olio di fegato di merluzzo (400 UI/5ml, pari a un cucchiaino). Questa vitamina si trova anche in alcuni pesci grassi (come merluzzo, orata, salmone, aringa), nel latte e nei suoi derivati (yogurt, burro, formaggi), nel tuorlo d’uovo, nel fegato di manzo e nei funghi. Esistono anche alimenti fortificati, cioè addizionati con vitamina D a livello industriale, come il latte e i cereali per la prima colazione.
In generale, comunque, l’alimentazione da sola non è sufficiente a coprire il fabbisogno quotidiano di questa vitamina. L’esposizione ai raggi solari resta la principale sorgente naturale.

Il fabbisogno giornaliero

Secondo i LARN (Livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana), il fabbisogno giornaliero di vitamina D per le persone sane è pari a 400 unità internazionali (UI), ovvero a 10 μg (microgrammi) (1 μg di colecalciferolo = 40 UI vit. D).

L’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), in recenti aggiornamenti, ha indicato come fabbisogno giornaliero di vitamina D 15 microgrammi (600 unità internazionali. Questo valore, però, è stato calcolato ipotizzando una produzione minima o nulla attraverso la pelle.

Le necessità possono variare a seconda dell’età oppure in presenza di fattori di rischio, patologie, deficit o particolari condizioni fisiologiche. In questi casi, il fabbisogno può aumentare fino a 1000 unità al giorno e può rendersi necessaria una supplementazione, da valutare sempre insieme al proprio medico.

Esporsi regolarmente al sole rappresenta il modo più naturale ed efficace per produrre vitamina D in quantità sufficienti. L’Istituto Superiore di Sanità stima che  il 90% del fabbisogno di questa vitamina venga coperto grazie all’esposizione al sole. Il quantitativo effettivo che riusciamo a sintetizzare per effetto dei raggi solari, tuttavia, non è sempre uguale ma dipende da molti fattori: l’ora, la latitudine, l’età, il colore della pelle (la pelle chiara è favorita nella produzione della vitamina D), l’uso di creme solari, che devono essere sempre applicate per proteggere la pelle dagli effetti nocivi dei raggi UV e prevenire malattie e tumori cutanei. E’ importante non esporsi al sole troppo a lungo, senza protezione o con una protezione inadeguata, pur di fare il pieno di vitamina D: sarebbe un errore dalle conseguenze potenzialmente molto serie per la salute della nostra pelle.

Come capire se i valori sono nella norma

Per capire se i valori sono nella norma basta un prelievo di sangue e il controllo dei livelli di 25(OH)D, ovvero della vitamina D nella sua forma sierica (25-idrossicalciferolo). E’ il medico a suggerire di fare questo esame in presenza di condizioni di rischio.

Nella comunità scientifica e medica non c’è consenso unanime sui valori ottimali di vitamina D. Un documento dell’Associazione Italiana degli Endocrinologi Clinici indica come sufficienti nella popolazione generale valori uguali o maggiori di 20 ng/ml (nanogrammi per millilitro). Tuttavia, lo stesso documento raccomanda livelli uguali o superiori a 30 ng/mL in presenza di fattori di rischio o malattie come:

  • osteomalacia (patologia ossea caratterizzata da un difetto di mineralizzazione della matrice dell’osso)
  • osteoporosi
  • età avanzata, con storia di fratture e cadute
  • gravidanza e allattamento
  • obesità
  • sindrome da malassorbimento
  • malattie renali croniche
  • insufficienza epatica
  • assunzione di farmaci che interferiscono con l’assorbimento di questa vitamina.

Una nota dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco, 2019), che ha aggiornato le indicazioni su “Prevenzione e trattamento della carenza di vitamina D” nella popolazione adulta, indica come ottimali valori compresi tra 20 e 40 ng/mL.

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Fonte: Unsplash / Johnny Cohen

Carenza di vitamina D: i rischi

L’ipovitaminosi D è una condizione in cui i livelli di questa vitamina nell’organismo sono al di sotto della soglia considerata ottimale. Le cause possono essere molte, ma le più comuni sono un’alimentazione povera di alimenti che contengono vitamina D e una scarsa esposizione al sole.

Questo deficit, infatti, è piuttosto comune soprattutto tra i neonati e gli anziani, che tendono ad uscire di casa meno frequentemente, quindi non riescono a sintetizzare sufficiente vitamina D a livello cutaneo. Ma anche coprirsi troppo quando si sta all’aperto, applicare creme solari in quantità eccessive o usare una protezione solare troppo alta rispetto alle proprie necessità sono abitudini che possono ostacolare la sintesi di questa vitamina.

Possono provocare carenze anche malattie epatiche e renali, l’abuso di alcol e l’assunzione di alcuni farmaci che alterano il metabolismo della vitamina D.

Ma cosa succede in caso di vitamina D bassa? Livelli insufficienti possono avere effetti negativi sulla calcificazione delle ossa, con conseguenze come rachitismo nei bambini e osteoporosi negli adulti.

L’Istituto Superiore di Sanità sottolinea che molti studi hanno evidenziato un legame tra la carenza di vitamina D e alcune patologie, come:

  • malattie cardiovascolari
  • diabete di tipo 1 e 2
  • malattie autoimmuni e infiammatorie croniche
  • tumori
  • malattie neurologiche come demenza, Alzheimer e sclerosi multipla.

Non ci sono però ancora evidenze scientifiche certe sugli effetti di una supplementazione con vitamina D nel migliorare il decorso di queste malattie. L’azione di questa vitamina deve essere ulteriormente indagata attraverso studi clinici.

Come prevenire il deficit di vitamina D? In linea generale, per assicurarsi il giusto apporto di questa vitamina è sufficiente trascorrere più tempo all’aria aperta: per la maggior parte, infatti, il fabbisogno è coperto dall’esposizione al sole.

Naturalmente, è utile anche fare attenzione a inserire nella propria dieta i cibi che la contengono, oltre a evitare i comportamenti a rischio, come l’abuso di alcol.

La vitamina D fa dimagrire? La carenza fa ingrassare?

Alcuni studi hanno ipotizzato un legame tra vitamina D e peso. E’ stato osservato che gli individui con valori di vitamina D nella norma hanno un rapporto bilanciato tra massa grassa e massa magra. Al contrario, chi è in sovrappeso o obeso ha bassi livelli di questa vitamina nel sangue. Questo effetto sarebbe legato alla capacità della vitamina D di stimolare la leptina, un ormone che aumenta il senso di sazietà e riduce la fame.

La carenza di vitamina D potrebbe quindi essere alla base della difficoltà a perdere peso che alcune persone sperimentano quando cercano di dimagrire.
Una sperimentazione clinica, i cui risultati sono pubblicati sull’International Journal of Preventive Medicine, suggerisce che un aumento dell’assunzione di vitamina D possa favorire la riduzione della percentuale di grasso corporeo, quindi aiuti a perdere peso. La relazione tra questa vitamina e i profili lipidici deve comunque essere ulteriormente approfondita.

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Fonte: Unsplash / Michele Blackwell

Integratori di vitamina D: benefici e controindicazioni

Gli integratori possono essere di aiuto in alcune circostanze, ma dovrebbero essere assunti solo in situazioni di effettiva necessita o di rischio, per esempio in presenza di carenze accertate. E’ essenziale anche utilizzarli sempre dietro prescrizione medica, evitando rigorosamente il fai da te. Diversamente, non solo il ricorso alla supplementazione è inutile, ma può anche essere nocivo.

In quali casi è consigliabile assumere integratori di vitamina D? L’integrazione può essere indicata, per esempio, in presenza di patologie come l’osteoporosi, in caso di ipovitaminosi D che provochi sintomi come astenia, mialgie, dolori diffusi o localizzati, se si assumono farmaci che interferiscono con il metabolismo di questa vitamina (come antiepilettici e glucocorticoidi), se si soffre di malattie che possono causare malassorbimento nell’adulto (fibrosi cistica, celiachia, morbo di Crohn). In tutti questi casi, il medico potrà richiedere un esame dei livelli di 25(OH) e, se necessario, prescrivere l’assunzione e il giusto dosaggio di integratori.

La supplementazione in gravidanza

Anche in gravidanza può essere utile prevedere una supplementazione, sempre dietro prescrizione del medico o del ginecologo.

La vitamina D è essenziale per l’accrescimento dello scheletro e per la mineralizzazione delle ossa e, nell’ultimo trimestre di gravidanza, è fondamentale per l’assorbimento del calcio da parte del feto attraverso la placenta.

Molti studi hanno evidenziato che una carenza di vitamina D in gravidanza è associata a un aumentato rischio di diabete gestazionale, parto prematuro e preeclampsia, una patologia caratterizzata da un innalzamento eccessivo della pressione che può causare parto pretermine e distacco della placenta.

Anche un basso peso del bambino alla nascita, difetti nello sviluppo dello scheletro e problemi di salute come infezioni respiratorie e malattie allergiche nei primi anni di vita possono essere attribuibili a un apporto insufficiente di questa vitamina con la dieta materna.

Per questo, per tutta la durata della gravidanza, il fabbisogno di vitamina D da garantire alla futura mamma deve essere pari a 15 μg/die, ovvero a 600 unità. Nelle donne con fattori di rischio per deficit di vitamina D può aumentare fino a 25-50 μg/die.

Questo fabbisogno, tuttavia, non deve essere necessariamente coperto attraverso il ricorso a integratori. Se la futura mamma mangia in modo sano e completo e si espone regolarmente al sole, è probabile che non ci sia bisogno di un’integrazione. In presenza di situazioni di rischio o di carenze accertate, invece, può essere raccomandata una supplementazione. Sarà il medico, dopo un’accurata valutazione del singolo caso, a consigliare l’assunzione di integratori di vitamina D e il loro dosaggio.

L’integrazione nei neonati

Tra i neonati, il deficit di vitamina D è piuttosto comune. Può essere la conseguenza di un’inadeguata esposizione al sole o del colore della pelle (le carnagioni scure hanno maggiori difficoltà a sintetizzare questa vitamina). Per questo le linee guida nazionali e internazionali consigliano la supplementazione al dosaggio di 400 unità al giorno, ma solo nei primi 12 mesi di vita. Dopo il primo anno di età, l’integrazione  è indicata soltanto in presenza di fattori di rischio, per esempio nei bambini con patologie croniche che determinano un ridotto assorbimento intestinale di questa vitamina.

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Fonte: Unsplash / Volodymyr Hryshchenko

I pericoli del sovradosaggio

Come la carenza, anche l’eccesso della vitamina D può avere conseguenze gravi per l’organismo. Questa vitamina, infatti, tende ad accumularsi nel fegato, quindi in quantità superiori a quelle raccomandate può causare una calcificazione diffusa a livello dei diversi organi. Inoltre, un’eccessiva assunzione di vitamina D nei primi 6 mesi di gravidanza può avere effetti tossici sul feto.

Per questo è importante non assumere integratori, se non dietro prescrizione medica, per evitare i rischi del sovradosaggio. Questa vitamina può essere tossica se i suoi livelli nel sangue superano i 100 ng/ml.

Conclusioni

In sintesi, la vitamina D è molto preziosa per la salute delle ossa e di tutto l’organismo. Una sua carenza è rischiosa, specie in gravidanza, negli anziani e nei bambini, perché indebolisce l’apparato scheletrico e ci rende più deboli di fronte a molte malattie. Ma dobbiamo assumerla nel modo giusto, con l’esposizione al sole e la dieta, senza abusare di integratori spesso inutili o pericolosi.

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